Poesia
Self-publishing
11 aprile 2023
Cartaceo
192
"Cebes Tebano" è un'opera che sfrutta poesia e prosa come veicolo per raccontare una storia di dolore e lacrime. I fatti prendono l'avvio dai radiosi anni dell' infanzia, in cui Francesco (il protagonista), per sfuggire da una condizione di figlio unico, dipinge la propria quotidianità con l' incanto della fantasia.
Per motivarlo a comportarsi bene, la madre lo convince che Dio, prima o poi, gli avrebbe inviato una sorellina affinché diventasse per lui un'amica per la vita. In un giorno di pollini e fiori, nasce Micol. L' incantesimo si spezzerà qualche anno dopo quando verrà diagnosticata una grave forma di autismo alla piccolina, comportando la rottura degli equilibri familiari, la disperazione dei genitori del protagonista ed il suo abbandono affettivo ed emotivo.
È a questo punto che, piano piano, l'ingenua fantasia di un bambino, comincia a fare i conti con la prosaica e spietata realtà e non serviranno le disperate preghiere a Dio e a Babbo Natale per cambiare il corso degli eventi. Inizierà per Francesco, una lunga corsa in discesa attraverso i sentieri di una vita sempre più grigia e incolore. Il cielo di Francesco diventerà presto muto e senza dei.
Un roboante silenzio accompagnerà la solitudine decadente dei suoi giorni e soprattutto delle sue notti.
“Volevo nascere poesia, ma sono una prosa a pezzi“, tratto da “Cebes Tebano” di Francesco Salvati. Dall’incipit si deduce che questo è un romanzo poetico. È dedicato alla sorella Micol. Una bambina speciale, nata con una grave forma di autismo.
Il libro è strutturato in una settantina di poesie, intitolate, alternativamente, “Armatura” e “Fanciullino”, frapposte da altre che recano una data precisa dal 2017 al 2021. Soltanto l’ultima parte, nella quale parla della sua famiglia, è in prosa.
La ricerca delle numerose figure retoriche, di suono e di significato, denotano una formazione classica da parte dell’autore.
“In questo Grecale lento,
il silenzio della notte romba.
Romba.
E poi …
… scompare”
Bello e forte l’ossimoro in questa strofa.
“Nella landa confusa,
di tenebre vuote che abitano la notte,
stai introducendo lampade e cicale”
In quest’altra strofa, invece, viene utilizzata una metonimia per esprimere “abbagli e chiacchiere”.
Essendo un romanzo in poesia, anche la sorella viene descritta poeticamente:
“Sei dentro ai tuoi capricci,
alle fobie più assurde,
al tuo rimpicciolirti
quando ti vedi briciola
rispetto al mondo intero”
In pochi versi l’autore esprime tutto il suo amore per Micol, che viene paragonata ad una briciola. Eppure è riuscita a sconvolgere la sua vita e i suoi sentimenti.
Francesco Salvati descrive se stesso come: “L’uomo di latta, che cerca il suo cuore” e la bambina rappresenta proprio quel cuore che gli permette di sentirsi vivo.
Cos’è la solitudine per voi?
Per l’autore è “assenza di suono”. Tuttavia, si tratta di un silenzio assordante.
“In questo nulla di sabbia, insetti e vento, il silenzio è un fischio sibilante che, a poco a poco, si infrange in lontananza e viene risucchiato indietro” – Cebes tebano
Anche gli intermezzi dedicati al Minotauro e a Frankenstein sono in prosa. Queste creature, contraffazioni di uomini, non sanno cosa voglia dire avere un posto nel mondo. Sono rifiutati come “uno scatto sfocato.” Il labirinto nel quale è rinchiuso il Minotauro assomiglia ad una corazza, come quella che ha costruito l’autore intorno a sé, una prigione che chiude fuori la realtà.
Tante e diverse le tematiche affrontate. Ad esempio, si utilizza l’anafora per descrivere la sua generazione e gli effetti dell’amore.
“Umanità fulminata.
Umanità cortocircuito.
Umanità rauca.
Umanità di notte”
(…)
“Questo amore consola,
questo amore tutela,
questo amore riscalda,
questo amore colora”
Si parla anche di sincerità: a volte, per essere sinceri, occorre mentire a se stessi. Viene analizzato il tema della sconfitta: maturando, si finisce per accettare le situazioni difficili e a gestire meglio l’insuccesso.
Di contro, Francesco Salvati ci presenta anche il tema di quanto sia difficile risalire quando si è toccato il fondo:
“Da questa palude
Non si esce fuori e non si può restare troppo in apnea,
ci si muove appena
noi progettati per stare male”
Si nota anche una rima imperfetta: apnea – appena.
Dai versi di Francesco Salvati emergono tormento e desolazione. Non tutte le poesie sono di facile comprensione. Tanti sono i riferimenti classici e mitologici. L’autore sembra divertirsi a comporre, rimandando al mito.
“Fermo esamine, dracma sulle palpebre
Il Lete culla detriti tossici,
insegue l’Ostro che si mescola alle tenebre”
Quando si arriva al saluto finale, i versi sono commozione pura:
“Non l’ho capito
Quando ho smesso di essere
l’uomo al quale dicesti
che non saresti mai andata via.
Ma, lentamente, da quando non ci sei,
anche io sono andato via da me”
Però ricordatevi che nulla muore davvero: “L’acqua scorre. Il vento soffia. La nuvola fugge. Il cuore batte. Niente muore.”
Il titolo rimanda al “Fanciullino” di Giovanni Pascoli. Cebes si mette a piangere, pensando a Socrate che stava per bere la cicuta. Il filosofo lo rimprovera per quel pianto e Cebes si scusa, sostenendo che a piangere sia il fanciullino che è in lui. Perché tutti noi, dinanzi ad un grande dolore, pur essendo adulti e maturi, fatichiamo a trattenere le lacrime.
Consiglio di leggere questo romanzo ad alta voce per capire l’intensità dei versi.
Mi sono soffermata a rileggere più volte la stessa strofa, giungendo quasi a memorizzarla, talmente poderosa è la scrittura di Francesco Salvati.
Vi lascio con i miei versi preferiti:
“Qui sembra di essere
Al freddo e al buio,
ma è solo la sera.”
Avete mai letto un romanzo scritto in poesia?
Mi chiamo Alessia. Sono un’insegnante di matematica e inglese. Vivo in provincia di Pavia. Adoro leggere (soprattutto gialli), fare yoga e cucinare.