Narrativa contemporanea
Iperborea
15 giugno 2022
cartaceo, ebook
118
Per il giornalista Jonas, una breve vacanza con le figlie tra i boschi, il mare e le pietre brulle delle isole Aland è un'occasione per lavorare in pace alla biografia di un detestato magnate dei media chiamato semplicemente «Y»: vero e proprio corruttore di parole, pronto a usarle per creare scandali e facile patetismo, è la nemesi di Jonas, che per tutta la vita le ha curate, perché fossero sempre chiare, aderenti ai fatti, inscalfibili, come la pietra del misterioso campo dietro la casa estiva.
Eppure, come il campo, quell'ossessione per la parola rischia di diventare arida e sterile: ha ormai allontanato Jonas dalla famiglia e dagli altri, che lui ha sempre vessato perché fossero precisi e non si ripetessero. Vedovo, con la moglie aveva già rotto da tempo, di amici non ne ha e solo le due figlie, Karin e Maria, cercano ancora di avvicinarlo, invitandolo in vacanza con loro.
E se in quei giorni non riesce a scrivere come vorrebbe, una quotidianità più leggera e più semplice può comunque aiutarlo a schiarirsi le idee, a interessarsi finalmente alla sensibile Maria, a trovare spazio per l'amicizia dopo una vita in isolamento. Il manoscritto della biografia che si porta sempre dietro diventerà così lo specchio in cui osservare se stesso, i propri errori e i propri fallimenti, per provare, tardivamente e senza sapere come, a fare ammenda.
Identificandosi con lo sguardo del suo protagonista, Tove Jansson racconta della solitudine degli scrittori e della vocazione che si fa ossessione, della ricerca delle parole più giuste e della lotta contro il loro abuso.
“Campo di pietra”, edito in Italia da Iperborea, è il breve ma inteso romanzo di Tove Jansson, la scrittrice finlandese che, sconosciuta alla maggioranza dei lettori, è l’autrice dei più famosi “Mumin”, i troll protagonisti dei libri per l’infanzia.
Protagonista della vicenda di questo lavoro è Jonas, un affermato giornalista, autore di innumerevoli articoli ed interviste. Lo incontriamo nelle prime pagine, a conclusione della festa del pensionamento che il suo giornale ha tenuto in un ristorante di Helsinki.
Il lavoro di Jonas e, quindi la sua professionalità, è stato dedicato alla sacralità della parola. Tutti i suoi scritti e le sue interviste si sono sviluppati sul soppesare le parole, nella – forse – vana, ricerca di utilizzare quella esatta. La parola che veicola il corretto sentimento, l’esatto significato.
”Parole” seguitò Jonas. ”Milioni di parole che ho scritto per il tuo giornale. Capisci cosa vuol dire scrivere milioni di parole e non poter mai essere sicuri di aver scelto quelle giuste? E così si diventa silenziosi, voglio dire si sta sempre più zitti e ci si limita ad ascoltare.”
Ed è proprio in questo silenzio che Jonas ora si ritrova a dover realizzare, quale ultimo incarico, la biografia di un magnate della carta stampata che egli, per spregio, chiama Y e che detesta in quanto, secondo il suo sentire, con Y la parola è stata brutalmente mercificata.
Mentre cerca di trovare il bandolo della matassa di questo lavoro che non lo appassiona, le due figlie, ormai adulte, lo inviano a trascorrere una “villeggiatura” (come si diceva un tempo) a Färjsundet, luogo in cui nel passato la famiglia trascorreva le vacanze, affinché possa riposarsi e ritrovare una certa tranquillità.
“Io devo comunque scavare a fondo nel suo campo di pietra, portare alla luce, continuare a rovistare, continuare a scrivere, anche se probabilmente non c’è niente sotto, c’è il vuoto fino alla roccia primitiva”
Maria e Karin, la prima più remissiva e l’altra più determinata, sono, come lo era stata la madre, protettive nei confronti del padre che, d’altro canto, rivela, nelle sue battute, di non provare per loro l’affetto che ci si aspetterebbe da un padre. Emerge, infatti, proprio dagli scambi tra padre e figlie, che egli non si è mai preoccupato di conoscerle a fondo. Da parte loro, invece, c’è sempre stato un sentimento di protezione e di sottomissione nei suoi confronti.
Nello scambio di battute, o nei silenzi che evidenziano la mancanza di argomenti in comune, la ricerca della parola esatta si è trasformata in un modo di parlare spezzato da parte delle due donne, lasciando le frasi incomplete e un senso di straniamento da parte del genitore. La figura di Jonas che si delinea, dunque, è quella di un uomo che non ha saputo veramente amare le sue donne; mentre queste, invece, hanno sempre cercato di proteggerlo e servirlo.
Durante il soggiorno nella stanza accanto alla sauna, dove avrebbe dovuto lavorare sulla biografia di Y, Jonas fa fatica ad entrare nel processo creativo. È ossessionato dalla figura di Y. Tutte le sue idee e le sue parole, scritte su fogli di carta, le sente pesanti come pietre. Non per per nulla, alla fine, quanto ha prodotto trova un’unica amara collocazione, ossia in un campo vicino alla casa, conosciuto appunto come Campo di pietre.
“Arrivò a un’area che, da quanto sapeva, era chiamata comunemente campo del diavolo o campo d i pietra. Un enorme ammasso di grossi sassi grigi tondeggianti e coperti di muschio. Nel corso del tempo dei curiosi avevano scavato al centro, togliendo sassi e ammucchiandoli di lato, finché si erano stufati e avevano abbandonato. Erano comunque riusciti a scavare una fossa piuttosto profonda, una buca intorno a chissà quale idea imperscrutabile e da tempo dimenticata.”
È proprio in questo campo che si svela la magia del racconto. Una sorta di momento catartico nel quale il personaggio di Jonas, un concentrato di motti arguti, di pensieri forti ed intelligenti, si ammanta di una malinconia che diventa ancora più amara nel momento in cui si rende conto di non essere in grado di portare avanti il compito che si è prefisso, nonché alla consapevolezza di non aver mai saputo amare la famiglia.
Alle gentilezze e alle preoccupazioni delle figlie per il suo benessere, infatti, si è sempre contrapposta la sua intelligente inettitudine (molto spesso accompagnata dall’alcol). Essa, però, lascia spazio ad una nota positiva, come correttamente si legge nella Postfazione di Anna-Lena Lauren.
“Quando Jonas tenta di seppellire i suoi fallimenti nel campo di pietra fa rotolare le pietre una contro l’altra producendo un odore di fosforo e petardi e chiede alla figlia “Hai pensato quanto sia terribilmente importante e difficile trovare le parole che occorrono per spiegare in modo completo e corretto?”
Ogni tentativo di creare queste formulazioni è come rotolare pietre in un campo di pietra. Non si finisce mai, Ma l’unica cosa onesta da fare è provarci.”