
Saggio
Graphe.it
8 settembre 2020
cartaceo
110

La voce è uno strumento, si suol dire, specie per chi la usa nel proprio lavoro (nel teatro, nel mondo della musica e dello spettacolo, e in mille altre situazioni comunicative), e non mancano certo i manuali che promettono di insegnare come si fa.
Difficile descrivere cosa invece faccia questo libro, se non dicendo che risponde ai perché: con quale scopo, verso quale direzione, provenendo da quale storia e da quale base spirituale e filosofica stai facendo uscire la tua voce? «La voce è una mano, un artefice, è l'erpice che smuove la terra e evoca il germoglio. Così il suono autofeconda il pensiero. E nella voce, il suono si pensa»: dunque usare bene la propria voce - qualcosa di unico, inevitabilmente individuale, ma anche antico come l'uomo - senza comprenderne il significato, senza un impianto che si può ben definire filosofico, significa rischiare di possedere una tecnica priva di pensiero, priva di anima. E, infine, priva dell'elemento che secondo l'autrice è forse il più importante nell'abilità vocale: la capacità di ascoltare.
“La voce è un ponte
A mezzo tra due lembi
del finito
della materia,
sta inarcata sul nulla,
affacciata.
Di qua dalle cose già dette
mentre di là,
inarrivabili
le infinite altre…”
Aver voce in capitolo, la voce della coscienza, parlare con un filo di voce, alzare la voce, eccetera sono espressioni del linguaggio che utilizziamo tutti i giorni, senza soffermarci a pensare cosa sia in realtà la voce, quale sia il suo significato profondo per noi esseri umani. A ben pensarci, è un elemento che caratterizza, un po’ come accade per le impronte digitali, ognuno di noi: sappiamo infatti riconoscere subito la voce della mamma o la voce di nostro figlio non appena la sentiamo. Eppure la “voce”, intesa come importante tratto distintivo della nostra persona, non è un tema su cui gli studiosi si siano soffermati troppo, una lacuna che il saggio di Laura De Luca “Breve storia filosofica della voce” ha colmato in modo “poetico” grazie alla scrittura fluida, incisiva e ricca di scansioni dai toni versatili che rendono la lettura particolarmente piacevole e punto di partenza per personali riflessioni.
Nell’evoluzione dell’uomo, probabilmente, a determinare il passaggio ad uno stadio superiore rispetto agli animali è proprio la scoperta e l’utilizzo della “voce”, ovvero quando il suono articolato rappresenta l’intenzionalità di un atto, la necessità di mettersi in relazione ai propri simili, ma anche di “nutrire” (non a caso gli organi del corpo umano deputati a creare la voce sono gli stessi che permettono di respirare) il proprio mondo interiore con le parole .
Si nasce strillando, utilizzando quindi la voce per stabilire e sottolineare la propria esistenza e man mano che cresciamo proprio nella voce troviamo una nostra identità. Con le parole (non è un caso se all’inizio era il Logos), la nostra voce è strumento di comunicazione ma anche un’arma, uno strumento di dominio e nella storia sia remota sia più vicina a noi, sono innumerevoli gli esempi di come la voce del re, del dittatore o del politico di turno abbiamo determinato le vicende di intere nazioni. Sin tempi della preistoria e grazie alla fisiologia del nostro corpo, l’uomo ha scoperto nella voce la possibilità di soddisfare un bisogno, quello di comunicare: la voce è infatti lo strumento che ha dato origine al dialogo, all’incontro con l’altro e quindi al primo nucleo di società.
Ascolto, quindi parlo, quindi penso, quindi sono.
Il parlare è dunque anche ascolto, una conoscenza per via orale che è cibo (per l’animo) e seduzione nei confronti di chi ascolta. Ma, nella storia, questo non accade sempre, poiché ci sono le voci inascoltate, quelle delle Cassandre di turno a cui nessuno vuol prestare attenzione.
La voce è sempre un grido, soprattutto quando nessuno la sente.
Il saggio della De Luca è, in breve, un percorso completo che evidenzia le implicazioni del “dar voce” ai pensieri, al proprio sentire, fino ad arrivare ad un’analisi di come viene utilizzata la voce nei vari “mestieri”, non solo nel caso degli attori o dei cantanti, ma anche di medici e religiosi.
Va sottolineato infine uno degli ultimi capitoli del libro; un capitolo molto toccante sulla voce che l’autrice definisce la voce di dentro, quella che non suona, ma che è parte di noi e che sentiamo appunto solo e dentro di noi. Una voce che alle volte è forse quella della coscienza, ma che rimane, qualunque cosa dica, una costante per tutta la nostra vita.
Forse l’angelo custode è solo una voce.
Breve storia filosofica della voce si conclude con una breve antologia di versi dell’autrice, corredati da suoi acquarelli, che ripercorrono, questa volta con reale “voce poetica” il tema ampiamente trattato nello scritto ovvero la voce come elemento del nostro essere uomini e mezzo per mettere in contatto la nostra interiorità con il mondo che ci circonda.