Narrativa contemporanea
Mondadori
8 giugno 2021
cartaceo
204
Mizuki è una donna di circa quarant’anni con un marito affascinante, due adorabili bambini, bellezza, denaro e un ambìto appartamento nel centro di Tokyo. È l’emblema della donna privilegiata e ha una vita apparentemente perfetta, che però non la rende felice. Suo marito lavora così tanto che a malapena si accorge di lei e, accantonato il sogno di gioventù di diventare una cantante coltivato quando viveva a New York, Mizuki sente che le sue giornate trascorrono tutte uguali, spese a impacchettare il pranzo dei figli. Da una parte ama intensamente la sua famiglia e sa di essere ridicola, dall’altra si sente soffocare e si chiede se non sarebbe meglio buttarsi dal balcone di casa piuttosto che passare l’ennesima serata con un marito distratto o a stendere il bucato.
Fino a quando, in una notte di pioggia, incontra Kiyoshi, un ristoratore di successo. Con lui ritrova se stessa e la sua voce, la libertà, la gioia di vivere, l’entusiasmo e la vitalità contagiosa della città che ha sempre amato. I due trascorrono molto tempo insieme e, a mano a mano che la loro relazione prosegue, Mizuki si rende conto che sta vivendo due vite e che alla fine, invece, ne dovrà scegliere solo una.
Ballata malinconica di una vita perfetta è un romanzo delicato e profondo, la storia di un amore e un’audace esplorazione delle relazioni del nostro tempo, narrate dall’autrice con una voce sorprendentemente onesta e potente. È anche un’intima analisi della maternità, dove la fatica e la costante sensazione di fallimento si intrecciano a una gioia e un amore infiniti.
“… ho una vita meravigliosa… devo davvero darmi una calmata, piantarla di rimuginare allo sfinimento sul passato, e cominciare ad apprezzarla, questa vita… D’ora in poi sarò felice, metterò a tacere tutti i miei demoni e farò sorridere chi mi sta intorno”
“La Ballata malinconica di una vita perfetta” ha come protagonista Mizuki, una fortunata casalinga giapponese, almeno agli occhi degli edochiani standard. Vive in un bell’appartamento in un raffinato quartiere della città; non ha sicuramente problemi di denaro. Suo marito Tatsuya è un uomo affascinante e di successo. Ha due figli meravigliosi che la riempiono di affetto e che ama con tutta se stessa.
E perché allora si sente così insoddisfatta? Sarà l’indifferenza di Tatsuya che le mette addosso questo senso di invisibilità che vuole scrollarsi? O forse le occhiate dei genitori dei compagni dei suoi figli, sempre pronti a notare ogni suo inciampo?
Qualunque sia il motivo, non ce la fa più a vivere stando attenta ad ogni sua mossa: vuole la libertà di essere se stessa.
Le sue giornate, programmate secondo le regole non scritte che la società nipponica le impone, la fanno sentire come un burattino manipolato da mani sconosciute.
La sua non è una crisi passeggera. Il continuo rimuginare la sta logorando internamente, tanto da farle sembrare appetibile lasciarsi andare nel vuoto che il balcone di casa sua tende a contenere. Forse così suo marito si accorgerà di lei. Ormai si parlano a malapena e, di notte, sono le loro spalle che si fronteggiano nel letto matrimoniale, le cui dimensioni paiono essersi dilatate con lo scorrere degli anni.
E pensare che una volta stavano così bene insieme; una volta, sì, in quel passato che ormai sta sbiadendo e assumendo i contorni di un sogno.
Le luci di New York, quei palchi dove l’adrenalina schizzava alle stelle, il microfono in mano; fari puntati sul viso e i suoi amici che la attorniavano cantando le sue canzoni.
Era lei quella ragazza? Come ha fatto a trasformarsi nella donna disperata e sola che si aggrappa alla balaustra non sapendo se scavalcarla o no? Sarebbe un salto nel vuoto il suo, così come lo era stato quell’ultimo anno di liceo che suo padre aveva deciso di farle passare negli Stati Uniti. Solo che quello le aveva regalato la Vita; oltre il balcone di casa sua cosa potrebbe esserci al di fuori del freddo e del silenzio?
“Quel martedì sera Tatsuya era in terrazza… Io ero a pochi passi da lui, sul balcone della nostra camera… e quella sera, solo per un attimo, mi sono ritrovata a cavalcioni della ringhiera” – La Ballata malinconica di una vita perfetta
Sarà l’incontro con Kiyoshi a ridarle un po’ della sicurezza persa. Con lui riuscirà a parlare, a ridere, a stare bene. Finalmente viva e amata, finalmente donna.
Ma questo benessere acquisito presto si scontrerà con la sua coscienza: ama la sua famiglia, anche se le sta un po’ stretta, si sente in colpa nei confronti di suo marito, nonostante non ci sia più dialogo fra loro.
Non si può stare con un piede in due scarpe, Mizuki lo sa. Sceglierà la libertà che l’affascinante Kiyoshi le offre o la stabilità della famiglia creata con Tatsu?
Certo che il tema che “Ballata malinconica di una vita perfetta” ci propone è molto delicato e difficile da affrontare.
Diciamoci la verità, a chi non è mai capitato di sentirsi, in determinati momenti della vita, a “disagio” in casa propria? Perché è un disagio quello che Mizuki affronta. L’adeguarsi troppo a ciò che gli altri vogliono o si aspettano da noi, parlo sia al femminile che al maschile, a lungo andare diventa pesante, soprattutto se ci si chiude completamente tra le quattro mura domestiche o tra i confini invisibili del proprio paese.
“In Giappone la maternità e la relativa gestione della casa sono un culto le cui iniziate sdegnano chiunque pensi di potervi aderire senza votarsi completamente alla causa. Quindi, pur essendo una mamma a tempo pieno con una credenza che trabocca di accessori per i bento, le vere seguaci mi brucerebbero sul rogo per i piccoli dettagli che svelano le crepe della mia devozione” – La Ballata malinconica di una vita perfetta
Le coppie in crisi e i divorzi nel nostro Stato non sono mai stati così tanti come negli ultimi anni. A volte mi chiedo il perché. Sicuramente mezzo secolo fa l’idea di emancipazione della donna era ancora in fieri, ma non credo sia solo questo il motivo dello scoppiare delle coppie. Oggi siamo abituati a non avere più pazienza, forse siamo un pelino più egoisti che in passato, o probabilmente il mondo dove viviamo ci pone davanti tante possibilità di fuga che prima non c’erano. Per non parlare del fatto che i problemi che si affrontano ogni giorno sono diversi da quelli di un tempo e differenti sono i modi di affrontarli.
Voi cosa ne pensate? Perché oggi ci è così difficile condividere fino in fondo la vita con qualcuno?
Mizuki è nata e cresciuta in Giappone, nel suo DNA è lo stile di vita giapponese ben marchiato. Eppure si sente soffocare davanti alle pretese di perfezione che le vengono richieste da un pranzo al sacco o dall’orologio scolastico. Questo perché ha conosciuto comunque un altro mondo, la sua mente si è aperta ad altre visioni di vita, mentre sono rimaste sempre incollate al passato quelle delle persone che le stanno intorno.
È tanto quello che ha, lei lo sa, al punto da sentirsi ridicola e anche in colpa quando si lamenta per ciò che le manca. Ma basterebbe così poco per farle cambiare umore: uno sguardo, una parola affettuosa o anche una semplice chiacchierata le impedirebbero di cercare fuori casa le attenzioni che le mancano. Ma, a volte, quando ci si adagia in un determinato modus vivendi, non si è disposti a tornare indietro, e questo porta inevitabilmente a stare male.
Mizuki comunque decide di reagire, sbagliando consapevolmente, ma ha bisogno di ritrovare se stessa per non morire ogni giorno un po’ di più. Riuscirà a farlo con Kiyoshi o sarà solo l’ennesimo tentativo di fuggire da ciò che la sua anima le chiede? Giudicarla non è facile, e neanche giusto.
Il suo grido di aiuto si sente in ogni pagina di “Ballata malinconica di una vita perfetta” e fa riflettere. Tra i grattacieli di Tokyo, tra i bellissimi ciliegi in fiore, Emily Itami fa piangere e sognare questa donna distrutta dall’indifferenza; le fa ritrovare il senso della vita riempiendo le sue parole di sogni, disperazione e poesia.
Se siete amanti del mondo nipponico, “Ballata malinconica di una vita perfetta” fa per voi. Pieno di espressioni abitualmente utilizzate dagli abitanti del Sol Levante, ci regala un po’ della cultura di quel grande Paese dove, probabilmente, l’infiltrarsi dell’occidentalizzazione fa venire alla luce tante nuove Mizuki; questo porta ad una parziale perdita dell’identità culturale del Giappone, come d’altronde accade per qualunque altro Paese che si apra al mondo.
Globalizzazione, oggi se ne sente così tanto parlare. Per un animo nostalgico come il mio, è deludente la perdita di usi e costumi a favore di un’apertura maggiore verso altri modi di vivere; è anche vero che il mondo va avanti, e arenarsi solo nelle proprie idee e visioni della vita non giova a nessuno.
Esisterà una via di mezzo? Voi cosa ne pensate? Preferite un mondo un po’ più uniforme o che ognuno mantenga in voga le proprie peculiarità?
Sahira
Sono emozione e di essa mi nutro
trovando scialbo ciò che non colora,
Sono emozione che con la penna divora
il bianco candido di un libro vissuto…