biografia, raccolta
Il ramo e la foglia Edizioni
novembre 2022
cartaceo
158
Strutturato non in capitoli convenzionali, ma in quattordici sezioni, il libro parla di tutto ciò che ruota attorno alla figura del compositore tedesco: la musica in primis, a cui si aggiungono il ricordo di Bach attraverso la lettera della seconda moglie, Anna Magdalena, del 1750, la lettera di Gustav Leonhardt all’amico Nikolaus del 1973, il montaggio cinematografico di Straub e Huillet nel 1968 (dove Leonhardt ha interpretato Bach), Lisboaleipzig di Maria Gabriela Llansol; il ricordo di Anna Magdalena Bach nella biografia romanzata di Esther Meynell; i dibattiti musicali intrapresi da un gruppo di tecnici del suono newyorkesi; il silenzio della musica durante i viaggi della deportazione, tra cui quello di Etty Hillesum; il tema universale della vita e della morte e l’effetto catartico della musica celebrati nelle varie sezioni.
La scrittura fluida, ora di impronta moderna, ora contemporanea, abbinata a un meticoloso e filologico approccio testuale e ad affascinanti intrecci intertestuali, rappresentano la cifra stilistica di Pedro Eiras che permette al lettore di lasciarsi trasportare in spazi e tempi diversi, solo apparentemente lontani tra loro.
A quanti di voi piace la musica classica? Che domanda banale questa con cui ho iniziato la recensione di “Bach” di Pedro Eiras, edito Il ramo e la Foglia Edizioni! Solo al sentire o intra-leggere il nome di Bach, come si può ma parlare o chiedere del piacere della musica? La musica è arte, ma alcuni artisti la rendono sublime… e il noto compositore tedesco è uno di massimi esponenti del concetto di musica sublime.
Questa di Eiras non è una biografia su Bach, né uno studio su di lui. L’autore, musicista, ma soprattutto Professore di Letteratura portoghese presso l’Università di Porto, sa bene e non nasconde la difficoltà, quasi l’impossibilità di discorrere di un cotale personaggio che tanto ha dato alla musica classica e liturgica, ma tanto aveva anche di innato. Cosa fa allora il nostro Eiras? Ricerca, studia, raccoglie tutto quanto può aiutare a pensare a lui, a come viveva la musica, cosa provava, a quanto è stato difficile, poi, trascrivere, riprodurre, registrare le sue Sonate.
E così, leggiamo del ricordo che la sua seconda moglie, Anna Magdalena Bach, ormai vedova, ha del marito e della sua passione per la musica (alternata a tutti i problemi che vive nel presente, in assenza del marito); della ricerca di Eiras su Esther Meynell, autrice di una biografia romanzata proprio su di lei, e dell’inverosimiglianza di alcuni fatti narrati e che non corrisponderebbero effettivamente al vero; del tentativo di Straub e Huillet di trasporla su pellicola cinematografica.
Molto incisiva è la lettera che Gustav Leonhardt, per chi non lo sapesse, grande musicista, clavicembalista nello specifico, scrive all’amico Nikolaus Harnoncourt sulla riproduzione storica dei pezzi di Bach. Bellissime sono le parti in cui Gustav manifesta i suoi dubbi all’amico: ma come possiamo mai sapere se Bach suonava questi pezzi allo stesso modo in cui li stiamo riproducendo noi? E se, lui, alle trascrizioni, avesse aggiunto qualche decoro in più, durante l’esecuzione, che a noi sfugge? Problematiche un po’ simili a quelle che hanno i tecnici del suono sulla registrazione delle riproduzioni di Glenn Gould, grande trascrittore ed esecutore delle opere di Bach.
“Un’esecuzione musicale si sperimenta. Nelle buone interpretazioni l’ascoltatore ha la tendenza a partecipare. Questa tendenza ha una entità fisica. È stato constatato scientificamente: quando si ascolta un canto, la gola cerca di imitarlo. È una reazione del corpo. L’ascoltatore sente che qualcosa danza nella propria interiorità” – Bob von Asperen, in “Bach” di Pedro Eiras
Non si può far altro che ascoltare in silenzio una cotanta maestosità musicale. E Pedro Eiras lo sa… la sezione dedicata a “Ich habe Genug-“, è seguita, infatti, da sole pagine bianche. La musica va contemplata, deve pervaderci ed elevarci con l’anima.
Non dobbiamo pensare, tuttavia, che ci troviamo dinanzi ad un collage di ricerche, disseminate qui e lì, e poi messe insieme dal nostro autore.
A parti riportate pedissequamente se ne alternano altre in cui Eiras si espone in prima fila: studia con il lettore, fa ricerca con il lettore, gli manifesta i suoi dubbi, le sue perplessità, i suoi dilemmi di ricerca. Questo rende la lettura viva e chi legge si sente partecipe dell’opera, incuriosendosi anche.
Lo stile è fluido, la traduzione è ben fatta. Nelle note conclusive di Michela Graziani, Professore Associato di Letteratura portoghese e brasiliana presso l’Università degli Studi di Firenze, viene analizzata proprio la tecnica utilizzata nella traduzione, con la spiegazione del perché in alcune parti si è preferito un maiuscolo rispetto ad un minuscolo, con l’indicazione delle edizioni italiane da cui sono state tratte le traduzioni di alcune opere religiose, della fedeltà del testo italiano a quello portoghese originale.
14 sezioni, brani, ricerche, estratti… non riesco a catalogarle! Sono pezzi di un puzzle, tutti collegati tra loro alla figura di Bach. Al sublime che era in grado di creare e di trasmettere, e che, ahimè, non può più riprodursi in alcuna salsa. Opera pessimista e nostalgica questa di Eiras? No. Opera per noi, per i posteri, affinché non ci dimentichiamo mai delle bellezze del passato e che danno al nostro presente una marcia in più per aspirare al Bene.
Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.