
racconti
Les Flâneurs Edizioni
23 luglio 2021
cartaceo, ebook
216

Storie pret a porter- non una tradizionale antologia di racconti, non il catalogo di una mostra arte figurativa. Atelier è molto di più: è un viaggio attraverso immagini e parole, nei ricordi, nelle emozioni e nei sentimenti che gli abiti sono in grado di suscitare.
Il risultato è un "Libro d'Artista" collettivo che conquista il lettore al primo sguardo.
“Per quanto sembrino cose di secondaria importanza, la missione degli abiti non é soltanto quella di tenerci caldo. Essi cambiano l’aspetto del mondo ai nostri occhi e cambiano noi agli occhi del mondo” (Virginia Woolf)
“Atelier. Storie pret-à-porter” è composto da una serie di racconti, scritti da vari autori. Le tematiche sono differenti ed introdotte attraverso un capo d’abbigliamento o un accessorio, che funge da combinazione d’apertura a diversi scenari. Un abito rappresenta il frutto di un lavoro di squadra, le sue fasi di lavorazione sono eseguite da diverse persone con un nome ed una storia. Esso si può tramandare, può testimoniare eventi epocali. Porta con sé il profumo di chi l’ha indossato, diventando grande evocatore. Insomma, il capo d’abbigliamento è molto più della serie tessuti e cuciture che lo compongono. È qualcosa di maggiormente rappresentativo e questi racconti lo testimoniano.
“Tutti gli oggetti, che si tramandano di generazione in generazione, custodiscono la storia di chi li ha posseduti e per questa ragione hanno anima e sentimenti molto simili a quelli degli uomini”
La narrazione di Atelier Storie pret-à-porter, Les Flâneurs Edizioni, è caratterizzata da stili diversi, così come lo sono le tematiche e i protagonisti. Questo perché non sono racconti scritti da un unico autore, ma da tanti. Ognuno di essi ha un suo carattere narrativo. Alcuni, pochi fortunatamente, usano un linguaggio ricercato e spesso ampolloso, non comprensibile nell’immediato. La maggior parte, invece, risulta scorrevole e di facile comprensione.
Le tematiche di Atelier Storie pret-à-porter
Le tematiche sono importanti: la violenza sulle donne, l’inganno, l’elaborazione del lutto, la solitudine e l’immigrazione. Alcuni hanno toni drammatici, altri nostalgici ed altri ancora ironici. Tutti sono, però, dotati da una certa originalità e fantasia. Apprezzabili le metafore attraverso le quali i capi d’abbigliamento rappresentano gli stati d’animo dei protagonisti. Gradevoli anche le illustrazioni presenti prima di ogni racconto che ne richiamano il tema.
“A volte gli eventi della vita tessono una tela i cui fili solo noi possiamo gestire con la nostra volontà, non sappiamo mai quali fili tagliare e quali conservare”
Una lettura originale ed interessante quella di Atelier Storie pret-à-porter .Leggere questi racconti mi ha dato modo di riflettere sul significato di ciò che scegliamo di indossare. Il mio pensiero sul tema è conforme a quello di Virginia Woolf (cit. iniziale). La funzione di un abito va molto oltre quella di coprire il nostro corpo.
Spesso mi sono ritrovata a riflettere sulla proverbiale frase “l’abito non fa il monaco”. Se si intende dire che la bellezza di un vestito spesso non corrisponde a quella dell’anima di chi lo indossa, sono sicuramente d’accordo. Così come penso che si debba sempre guardare oltre le apparenze. Tuttavia, credo che ciò che indossiamo possa rappresentarci in un qualche modo. Non parlo di grandi marche o capi costosi. Parlo di colori, accostamenti, modelli e scelta degli accessori.
Un abito ha il potere di farci sentire più sicuri quando appaga il nostro sguardo e il suo tessuto ci avvolge come ci fosse cresciuto addosso. Ci sono abiti sognati, abiti che ci hanno accompagnato in momenti importanti della nostra vita o abiti che ci sono stati donati da chi non c’è più. Sono sicurissima che almeno uno di questi capi è ancora nel vostro armadio, nonostante siano passati anni dall’ultima volta che lo avete indossato. O magari non vi va più bene.
Tra i capi di maglieria del mio guardaroba, ce n’è uno che occupa un posto speciale. Si tratta di un maglione in diverse tonalità tra il rosa salmone e il rosso, in gradazione. È stato fatto con i ferri da mia mamma, che purtroppo non è più tra noi. Ha diverse trame e la lavorazione è complessa. Ero una ragazzina e, all’epoca, mi piaceva indossare capi comodi, nonostante fossi uno scricciolo. Ogni volta che lo provavo dicevo sempre le stesse parole : “più largo”. E mamma allargava perché ero una ragazzina caparbia, convinta di essere un’intenditrice di moda. A fine confezione mi ritrovai con un maglione dalla stupenda lavorazione, ma talmente grande da conferirmi l’aspetto di una bambina che, per gioco, aveva indossato i vestiti di un adulto. Ero, a dir poco, ridicola! Mamma scuoteva la testa in segno di compatimento poiché non avevo seguito il suo consiglio. Alla fine chiedemmo aiuto a mia zia, esperta in materia. Fece un paio di correzioni ed io potei indossare la maglia, sempre abbondante, ma non eccessiva. Ora che sono stati introdotti dalla moda i “leggins”, la mia maxi maglia fa la sua figura! Mi ricorda la mia adolescenza, la pazienza di mia mamma e le sue mani sottili ed operose.
E voi, conservate ancora qualche vecchio capo che non mettete da tempo ma che avete conservato? Quale? Perché?