
romanzo storico
S.O.S. Roots
Cartaceo
699

È il primo romanzo di una saga di quattro volumi, tre dei quali ancora inediti. E’ il più corposo, al contrario dei tre successivi dal formato pocket. E’ un’opera di narrativa letteraria ambientata, in Basilicata, nella zona del Pollino, nel periodo della seconda guerra mondiale ed è piena di tipicità italica dal notevole esotismo geografico e antropologico.
Angela (Gli eredi dei Messapi), di Bruna Spagnuolo (edizioni S.O.S. ROOTS), narra la storia vera, gli eventi leggendari e le epopee di un personaggio femminile straordinario, Angela, che incontra il suo amato, Gaetano, un dragone dell’esercito regio, lo sposa e lo perde nello sconvolgimento degli eventi mondiali. Il lettore scorre le pagine tra le molte incognite, continuando a domandarsi se Angela si salverà dalle mille insidie anche mortali e se i due sposi riusciranno, infine, a riabbracciarsi, mentre il romanzo lo conduce attraverso il “ritaglio” completo della realtà ambientale, geografica, storica e sociale, che incastona le mappe vitali dei personaggi.
Contadinella leggendaria, la protagonista trova la sua collocazione storica tra le generazioni eroiche narrate che consegnano il canto, il pianto e la sapienza millenaria del loro tempo alle generazioni future, insegnando loro che è necessario “ricordare chi erano, per capire chi sono e sapere dove stiano andando”.
Nella “Nota dell’autrice”, in fondo al libro si legge: “Ho immortalato in quest’opera un contesto umano e ambientale che è già storia passata, dandogli il supporto dei collegamenti con la sua storia remota e con quella recente (…) desidero permettere a chi ha sete di identità e di conoscenza di venire a contatto con la scomparsa civiltà contadina (…) e con tutte le usanze e le abitudini a essa connesse”.
Questa è la caratteristica per cui il presente romanzo è una pubblicazione S.O.S. ROOTS, piccola entità letteraria nata per rubare all’oblio le identità umane in estinzione.
Ciò che la “strozzatura” rappresenta per l’archeologia, quando congloba e preleva perfettamente i reperti, questo romanzo rappresenta per la cultura delle aree di riferimento. Essa salva dall’oblio pezzi di una cultura millenaria che è ormai scomparsa e non è stata tramandata.
La cosa che interessa al lettore, però, è una e una soltanto: questo libro non è, in ultima analisi, che un romanzo d’amore. Ed è proprio l’amore, quello epico, travolgente, appassionato e appassionante; che confina con l’epopea torreggiante, a fare da binario alla guerra al fronte e a quella contro le intemperie, ai sogni, alle speranze, alle sarchiature, alle mietiture, alle semine e ai loro incanti.
È l’amore, sempre, comunque e dovunque, il vero protagonista incontrastato che, attraverso “ricordi” mai vissuti e “percezioni” inspiegabili, mette a dimora, qua e là, i tasselli sapienti per la narrazione a venire degli altri volumi della saga, sono i prodromi delle storie che saranno narrate nei volumi successivi: ** Eliade. (Gli eredi di Priamo)”; ***Virgilia (Gli eredi del cavaliere che volle erba per 7 cavalli); ****Egea (….e i vinti assoggettarono il vincitore).
Questa grande opera, unica nel suo genere, ha portato l’autrice, lucana di origini, lombarda di adozione e cittadina del mondo per elezione, a farsi esule, in cerca delle tracce sospese tra storia, protostoria, mito e leggenda (dalla valle dell’Indo, alla Troade, alla Siritide e alle Valli del Sarmento e del Sinni) per dare alle sue eroine l’avallo della ricerca e dell’archeologia, ma la sua opera nulla ha a che fare con i saggi: è narrativa letteraria libera, elegiaca e creativa.
“Quest’opera è nata per contenere e immortalare la vita delle aree e delle genti di cui racconta e per trasmettere alle generazioni future i valori propulsori delle radici vicine e lontane che alimentano il passato di una parte di umanità.”
“Angeli in ginocchio”, di Bruna Spagnuolo, è un librone di quasi settecento pagine, che parla delle storia d’amore di due giovani lucani, Angela Nelli e Gaetano Borbone.
Tutti i fatti si svolgono a cavallo della seconda guerra mondiale, ai piedi del massiccio del Pollino, e fungono da pretesto per illustrare la vita della società contadina del luogo. In tal modo l’autrice intende immortalare usi e costumi del periodo, modi di pensare e di concepire l’esistenza che, purtroppo, il passare del tempo relega negli anfratti dell’oblio.
“Angeli in ginocchio” è soltanto il primo dei quattro volumi della saga del popolo messapico di Bruna Spagnuolo. Lo ha cominciato a scrivere sotto suggerimento del marito che, nella sua penna, vedeva lo strumento perfetto per perpetuare la memoria di un tempo che ormai stava sfuggendo.
“Scrivi qualcosa che si basi sulla realtà di cui fai parte e che si colleghi alla civiltà messapica. Forse il nostro mondo che scompare ha bisogno di un cantore omerico e gattopardiano come te per sfuggire all’oblio…” – Angeli in ginocchio
Omerico e gattopardiano! In effetti non potrei definire in modo migliore lo stile di questa autrice; è riuscita a calarsi perfettamente nei meandri del tempo, con un linguaggio contemporaneamente semplice e ricercato. Così facendo, permette a noi lettori di leggere un romanzo che sa di giorni passati e ne conserva la nostalgia. I diversi termini in dialetto, sempre tradotti o nella pagina stessa o nel piccolo glossario che è stato introdotto a fine libro, hanno la capacità di donare a queste pagine quel tocco di rusticità che rende la storia veritiera come in ogni romanzo storico che si rispetti.
I protagonisti di “Angeli in ginocchio” sono Gaetano e Angela, come ho già accennato sopra. Lui si innamora di lei semplicemente guardandola. D’altronde la bellezza della ragazza è tale da diventare mito nella zona. Angela inizialmente non si accorge di lui, ma quando i suoi occhi si posano su quel viso perfetto, su quel corpo atletico e aitante, il suo cuore comincia a battere come mai aveva fatto. Accetta di sposarlo. I suoi genitori forse avrebbero preferito un altro giovane al suo posto, poiché non vedono di buon occhio Filippo Borbone, padre di Gaetano, conosciuto da tutti in paese per il suo carattere burbero e la propensione all’ira. Ma “al cuor non si comanda” e mamma Lucrezia e suo marito Giovanni non se la sentono di spezzare in questo modo le aspettative di questa figlia meravigliosa che Dio ha regalato loro.
I due ragazzi si sposano, il giorno di Pasqua del 1941. Poche ore dopo Gaetano deve partire per il fronte, lasciando la sua novella moglie a tormentarsi per il suo destino. Ma la vita deve continuare, anche in mezzo alle intemperie, con gli imprevisti che ci mette davanti. E così Angela aspetterà, giorno dopo giorno, il ritorno del suo bellissimo sposo, la fine della guerra e tempi migliori in cui sorridere…
Questa a grandi linee è la trama di “Angeli in ginocchio”. Tuttavia l’autrice, prima di parlarci della storia d’amore tra i due ragazzi, ci racconta, con un capitolo introduttivo, l’infanzia di Gaetano, facendoci dare uno sguardo veloce alla sua famiglia di origine.
Qui è il padre del giovane il protagonista, Filippo Borbone, uomo rude e violento che si trova a interpretare il ruolo dell’orco di casa.
Marianna, sua moglie, è praticamente assente. Ridotta al silenzio da un carattere chiuso e dalla paura che nutre nei confronti del marito, non riesce ad essere quello scudo in cui ogni madre sa trasformarsi per difendere le sue creature.
In questo clima di silenzi e terrore cresce il piccolo Gaetano, bello come un fiore e come esso fragile. Dovrà farsi le ossa, imparare a leggere tra le righe del quaderno che suo padre a volte gli lascia sbirciare.
Sarà sua sorella Rosa a prendersi cura di lui dopo che Filippo lo riduce in fin di vita a suon di botte; Rosa che non si piega, che non ha paura di quell’uomo violento che pretende di essere chiamato tealt, padre nel dialetto della zona. Lei è l’emblema della donna forte, che prende la vita di petto guardandola bene in faccia. Bellissimo il suo personaggio, descritto con maestria e attenzione.
Lo stesso dicasi per quello di Filippo, uomo spaventato dai sentimenti, che nasconde un cuore spaurito sotto una corazza di violenza. Vorrebbe amare, ma non sa farlo. Le emozioni lo confondono, lo rendono fragile e lui non vuole esserlo. Il suo tormento interiore lo rende vivo, buca le pagine arrivando al lettore con tutta la sua disperazione.
E Gaetano? Il suo è un personaggio un po’ ambiguo a parer mio. Da una parte troviamo il ragazzo bellissimo, intelligente, pieno di talenti e follemente innamorato; dall’altra l’uomo che non si lascia scappare l’occasione se gli si presenta, buttandosi nelle braccia aperte delle donne che tanto generosamente si offrono a lui.
Da fidanzato, da sposato, nel suo paese o ovunque si trovi, le avventure amorose del giovane Borbone si susseguono continuamente, portandolo anche a diventare violento nel momento in cui gli vengono negate. Nonostante questo, un aurea di eroismo molto discutibile lo accompagna per tutto il libro; sembra quasi che la sua infedeltà venga giustificata dal suo essere uomo. Questo rispecchia il pensiero del tempo a parer vostro?
La famiglia Borbone è un disastro sotto quasi tutti i punti di vista, eppure a parer mio è molto più credibile di quella dei Nelli che, con tutta la loro perfezione, mi ha lasciata un po’ perplessa.
Partiamo da Angela. Ogni volta che penso a lei mi viene in mente la Beatrice di Dante e i versi del famoso sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare, capolavoro della Vita Nova.
“Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente e d’umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare” (Cap XXVI della Vita Nova)
Angela è la perfezione. È talmente bella, buona, talentuosa, umile, coscienziosa, gentile, insomma è tutto ciò che di meglio può esserci in una donna. Non sembra neanche appartenere a questo mondo.
Tutta questa perfezione non me l’ha fatta amare. Capisco l’intento dell’autrice; Angela è la sua eroina, incarna tutto ciò che la virtù può regalare a un essere umano. Ma io sono fautrice dell’imperfezione perché è nei difetti caratteriali che vedo l’essere umano; e in questo caso non l’ho trovato. Certo, anche lei soffre, forse più di chiunque nel libro, ma il continuo elogiare ogni suo passo rende un po’ ripetitive le pagine che la riguardano. Io avrei liquidato molto più velocemente questo continuo elogio nei suoi confronti: a lungo andare stanca.
Così come Angela anche i coniugi Nelli sono ammantati di quest’aura di perfezione troppo accentuata. La condotta irreprensibile di questa famiglia è sicuramente servita da spunto all’autrice per mettere in evidenza usi, costumi e concetti morali che erano alla base del viver giusto del periodo. Ma forse si poteva anche regalare loro qualche imperfezione, solo per farli sembrare un po’ meno fiabeschi.
Nonostante questo non posso non riconoscere la grande bravura dell’autrice e il grande studio che c’è dietro a questo romanzo. D’altronde lo ha scritto “per non dimenticare”, per far sì che non venissero perse le radici di un popolo, fondamentali per riconoscersi nel presente di una società multirazziale che tende ad appiattirsi in nome di un futuro comune basato sulla tecnologia.
Io ho apprezzato tantissimo quello che ha fatto; credo che libri come questo abbiano il potere di riportarti indietro nel tempo. Si parla del popolo lucano, è vero, ma questo non toglie che alcuni usi e costumi descritti in queste pagine abbiano fatto riaffiorare nella mia mente tanti scorci di infanzia messi nel dimenticatoio. Eppure io non abito in Basilicata, e, ahimè, non ci sono neanche mai stata.
Questi scrigni di memoria sono preziosissimi; andrebbero custoditi gelosamente in ogni casa affinché i passi delle generazioni future non prescindano dalle orme del passato. Ed è nell’ieri che si trova l’identità di un popolo, così come ci insegna la nostra bravissima autrice, che non posso fare a meno di ringraziare per il salto in quel tempo ormai andato, dove tutto profumava di famiglia e semplicità.
“È ritrovando il passato che l’uomo può sperare nel futuro; è riconoscendosi nelle proprie radici che l’umanità potrà dedicare ai rami della speranza tutta la forza intatta delle sue aspirazioni “- Angeli in ginocchio
Sahira

Sono emozione e di essa mi nutro
trovando scialbo ciò che non colora,
Sono emozione che con la penna divora
il bianco candido di un libro vissuto…