….La speranza si torce,
e ti attende ti chiama.
Sei la vita e la morte.
Il tuo passo è leggero….
Cesare Pavese nasce il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, paesino delle Langhe in provincia di Cuneo. Ben presto la famiglia si trasferisce a Torino, anche se il giovane scrittore rimpiangerà sempre con malinconia i luoghi e i paesaggi del suo paese, visti come simbolo di serenità e spensieratezza e come luoghi dove trascorrere sempre le vacanze.
Già nell’età dell’adolescenza Pavese manifestava attitudini assai diverse da quelle dei suoi coetanei. Timido ed introverso, amante dei libri e della natura, vedeva il contatto umano come il fumo negli occhi, preferendo lunghe passeggiate nei boschi in cui osservava farfalle e uccelli.
Un altro aspetto inquietante che si ricava dalla personalità del giovane Pavese è la sua già ben delineata “vocazione” al suicidio (quella che lui stesso chiamerà il “vizio assurdo”), che si riscontra in quasi tutte le lettere del periodo liceale.
Nel 1927 si inscrive alla facoltà di lettere dove si laurea nel 1932 discutendo una tesi di Whitman. La scelta non fu casuale ma rientrò in un più generale interesse per la letteratura degli Stati Uniti la cui scoperta alimentò un vero e proprio mito dell’America come terra dell’individualismo e della libertà. Nel 1932 traduce Moby Dick di Melville. Nel 1933 diventa direttore della rivista “La cultura” e nel 1935 viene trovato in possesso di alcune lettere compromettenti che avrebbe dovuto recapitare ad un amica, viene processato e condannato a 3 anni di confino da scontare a Brancaleone Calabro un piccolo paese sulla costa ionica. Da questa esperienza nascerà il racconto “Il carcere”.
Nel 1936 pubblica “Lavorare stanca”, nel 1938 pubblica “Il carcere”, nel 1939 “Paesi tuoi”, nel 1942 “La spiaggia”, “La casa in collina” scritta fra il 1947 e il 1948. Alla fine della guerra si iscrive al Pci e pubblica sull’Unità “I dialoghi col compagno” (1945); nel 1950 pubblica “La luna e i falò”, vincendo nello stesso anno il Premio Strega con “La bella estate”.
Il 27 agosto 1950, in una camera d’albergo a Torino, Cesare Pavese, a soli 42 anni, si toglie la vita.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

Sono principalmente moglie e mamma di due splendide ragazze ed ho la passione per la musica ma soprattutto per la lettura. Leggo di tutto romanzi, saggi, storici, ma non leggo libri nè di fantascienza né di horror.