Giallo, noir
Gilgamesh
2 giugno 2021
cartaceo, ebook
315
Sospettato di avere ucciso l'amante, viene fermato a Milano il giovane russo Ivan Andrejevich Kiergine. A Sanremo , in effetti, è stato ritrovato sulla spiaggia un canotto con una pozza di sangue, una borsetta con la cerniera di rubini e un impermeabile rosso, il tutto riconducibile alla sua fidanzata e a lui.
“Perché avete uccisa la vostra amante, Paulette Garat!”
“E perché l’avrei uccisa?”
“Il canotto insanguinato” edito Gilgamesh edizioni, è un romanzo giallo-noir, ambientato sulla riviera ligure, a Sanremo. In realtà, tutto ha inizio a Milano dove un russo, di nome Kiergine, viene interrogato dal commissario De Vincenzi in quanto accusato dell’omicidio della sua amante, Paluette Garat.
Il commissario si accorge ben presto che il russo, che nel frattempo si è chiuso in un ostinato mutismo, non è chi dice di essere. Dopo diverse indagini emerge che l’uomo arriva a Milano dopo aver fatto sosta, per alcuni giorni, insieme alla ragazza a Sanremo. De Vincenzi viene inviato, insieme al brigadiere Cruni e al russo, proprio a Sanremo per approfondire la vicenda.
Kiergine sostiene che Paulette Garat non sia morta e chiede al commissario di cercarla perché è sicuramente in pericolo. Intanto un altro omicidio rende più tesa la situazione: un amico di Kiergine e di Paulette, Eduard Letang, viene ucciso nella sua camera d’albergo. Non temete! Non vi ho rovinato il finale. Da qui la matassa diventerà sempre più intricata.
Prima di raccontarvi di questo giallo mi piacerebbe contestualizzarlo, in quanto è stato scritto nel 1936, in piena epoca fascista e lo scrittore, Augusto De Angelis, nonostante il successo dei suoi romanzi, fu anche lui colpito dalla censura del regime.
Era un convinto antifascista.
In quel periodo, i fascisti sequestrarono tutti i romanzi noir e fecero chiudere anche la famosa collana di “Gialli” Mondadori. Molto probabilmente perché bisognava dare al popolo l’idea che l’Italia fosse un paese sicuro da quando loro erano al potere; di conseguenza, i romanzi e gli articoli di giornale non dovevano raccontare storie di delitti. Fondamentalmente, è quello che fanno tutti i regimi dittatoriali, nascondono la realtà.
Ritornando al nostro romanzo, posso dire che lo stile dell’autore è “essenziale”: il linguaggio è diretto, privo di giri di parole. I dialoghi rispecchiano appieno questa tendenza all’essenzialità che non dispiace affatto, soprattutto nei noir.
I personaggi sono descritti fisicamente molto bene anche nei particolari:
“Una fronte meravigliosa e quei suoi occhi duri, di zaffiro – li ricordava- e pure sognanti. Occhi da asceta”.
Ma il lato psicologico è, di certo, quello preferito dallo scrittore: il commissario ha proprio la caratteristica di condurre le indagini in maniera diversa dei suoi colleghi, con una tendenza più introspettiva. Egli, infatti, punta molto sul carattere dell’indagato e cerca sempre di fare in modo di condurlo verso la verità.
Come dicevo, la trama si infittisce sempre di più, man mano che ci si addentra nel romanzo. Il finale vi stupirà perché, secondo me, è insolito.
Ne Il canotto insanguinato si respira un’atmosfera cupa, tipica dei noir e non vi nascondo che le scene e i personaggi li ho immaginati in bianco e nero, proprio perché l’autore descrive molto bene le sensazioni che si vivono in quel periodo difficile.
Un libro che consiglio anche a chi non a mai letto un giallo-noir perché non ci sono scene cruenti e non risulta mai noioso.
Davvero Paulette Garat è scomparsa? KIergine cosa nasconde?
Buona lettura