“Queste non sono solo poesie.
Qui il grande teatrante ha creato la sua scena più azzardata”
È così che la critica letteraria definisce i Sonetti shakespeariani: non semplici e mere poesie, ma qualcosa di più, molto di più.
Dopo aver introdotto, per grandi linee, i fondamenti dell’arte di Shakespeare, oggi, in occasione dell’incontro settimanale con la rubrica “Dasempre & Persempre“, discuteremo insieme di una delle forme più liriche della sua poetica: il sonetto.
Durante la sua carriera in itinere nella recitazione, nella stesura di opere teatrali, nella gestione di teatri, lo scrittore inglese componeva anche sonetti, nel pieno della propria intimità. Questi, in epoca elisabettiana, erano considerati alla stregua di poesie personali, non destinate alla pubblicazione. Per lo più, generalmente, venivano distribuiti agli amici.
La loro pubblicazione, avvenuta ad insaputa dell’autore, avvenne nel 1609, da parte di Thomas Thorpe, un editore noto per furti di manoscritti. La divulgazione di tale tesoro letterario ci ha, comunque, permesso di conoscere più a fondo Shakespeare in quanto “uomo”.
Molti dibattiti si sono sviluppati sul probabile destinatario di questi Sonetti. Dalla copertina originale si leggono le iniziali WH, che hanno fatto pensare a William Herbert, conte di Pembroke e amico del poeta, ovvero a Henry Wriothesley, conte di Southampton, noto per il suo aspetto e vicino alla giovinezza esaltata nei primi sonetti. Non è mancato, tuttavia, chi ha associato quelle iniziali ad una scelta dell’editore, presa senza il consenso dell’autore.
La struttura dei Sonetti
Ogni sonetto è composto da 14 versi (precisamente pentametri giambici), disposti tre quartine e un distico, fatta eccezione del sonetto 126, composto diversamente da 12 versi.
I primi centoventisei di Shakespeare sembrano essere indirizzati a un bellissimo giovane, come abbiamo avuto modo di constatare, secondo parte della critica. Tuttavia, sebbene il tema erotico sia ben presente, non sembra prevalente e predominante. Le tematiche sono diverse: si liricizzano la poesia, la pittura, la musica, la nobiltà, la crescita dei bambini, il tradimento sessuale, le guerre del tempo.
I rimanenti sonetti, fino al 152, invece, sono dedicati ad una donna misteriosa, affascinante ma infida. Qui, le passioni del poeta diventano più intense rispetto all’amicizia inneggiata in precedenza: il poeta sembra essere quasi ossessionato da questa donna fino a sentirsi inadeguato o disgustato, nel momento in cui lei gli mostra il lato peggiore di se stessa. Le emozioni esplodono in questo contesto.
Gli ultimi due sonetti, invece, non attirano molto l’attenzione: risultano essere riproduzioni di epigrammi greci dedicati a Cupido e ad una giovane votatrice della dea Diana. Dal punto di vista del contenuto, tuttavia, si pongono in linea di continuazione con i precedenti sonetti, dal momento che qui il poeta, dopo aver esasperato i propri sentimento verso la donna misteriosa, ferma il tempo e riflette sul significato e sul valore dell’amore.
I Sonetti rappresentano la dimensione più viva dell’universo di Shakespeare e andrebbero letti e commentati singolarmente. Nulla che non sia stato già fatto dalla critica letteraria, e non in una sola occasione. Tuttavia, mi riservo, per un nostro prossimo appuntamento, di confrontarmi con voi su quello che costituisce il mio Sonetto preferito, ossia il 94. Il più oscuro per molti aspetti, ma, a mio parere, il più affascinante tra tutti.
Quindi, alla prossima!
Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.