“Dagli occhi delle donne derivo la mia dottrina: essi brillano ancora del vero fuoco di Prometeo, sono i libri, le arti, le accademie, che mostrano, contengono e nutrono il mondo”
*** ringrazio ancora una volta il recensore de La Bottega dei Libri, Arianna, che stimola spesso la mia tensione continua alla curiosità e alla conoscenza ***
Può sembrar strano che una frase del genere sia stata pronunciata da William Shakespeare, data la condizione di inferiorità rispetto all’uomo in cui verteva la donna del suo secolo… eppure tali versi sono stati recitati proprio dal grande tragediografo.
Oggi, in occasione del consueto appuntamento con la rubrica Dasempre & Persempre, parleremo proprio del significato vivo e simbolico dei personaggi femminili shakespeariani, che, alle volte (se non quasi sempre) prevale anche sul personaggio maschile, seppur protagonista della vicenda.
Il contesto sociale elisabettiano è ben noto ai più: nonostante l’immenso potere di Elisabetta I, le donne vertono in una condizione che dipende completamente dal padre o dal marito. Non hanno autorità, non godono di diritti sociali o politici, non hanno diritto di parola, soprattutto se in pubblico (non a caso le donne che hanno sovvertito queste regole sociali sono state considerate alla stregua di una minaccia).
E Shakespeare riflette appieno la società in cui vive, rappresentandola nei suoi personaggi: con Goneril e Cleopatra, ad esempio, sottolinea le conseguenze negative di atteggiamenti femminili poco consoni alla società. Eppure, lo scrittore è attento a non rendere le sue donne destinatarie di invettive da parte del pubblico, che assiste ammaliato alle sue opere. E così, Cordelia e Miranda suscitano addirittura simpatia; Isabella e Desdemona ammirazione per le virtù dell’intelligenza e dell’audacia che le caratterizzano.
Quale autore al mondo potrà insegnarvi la bellezza come uno sguardo di donna?
Così facendo, conosciamo uno Shakespeare molto attento e sensibile alle figure femminile, nonostante la trascuratezza che la società ha nei loro confronti. Addirittura, tra le righe, sembra quasi che gli stessi uomini siano il frutto di un loro prodotto: penso ancora ad Isabella, che influenza fortemente le vite di Angelo e Claudia; o la stessa Desdemona che è una maledizione per Otello, ma al contempo una benedizione per l’uomo. E Cleopatra? Lei è la rovina del grande Antonio: quale ruolo più significativo di questo rispetto al corso dell’intera storia del mondo!
Le donne di Shakespeare contribuiscono, dunque, alla trama e al tema delle opere, pur non essendone personaggi principali. Ma come non pensare al loro protagonismo, se non nella forma, nei termini della sostanza? Ogni personaggio maschile forte ha accanto a sé una donna, altrettanto forte e incisiva. Nella tragedia di Otello, addirittura alla donna sono attribuite la saggezza e la razionalità dei personaggi maschili. Ad esempio, Emilia combatte continuamente contro l’irrazionalità di Otello, tentando di convincerlo dell’innocenza della sua amata, inutilmente come sappiamo. E Desdemona, nonostante le insinuazioni di Iago, resta una moglie ideale per Otello. Iago rappresenta il male, le donne la bontà e la sanità mentale.
Ma, in realtà, potremo parlare anche di Gertrude, la madre di Amleto, o di Ophelia, la sua amata; di Lady Macbeth, che quasi sembra essere nata uomo, date le caratteristiche del suo personaggio; di Cordelia, figlia devota e apice di ogni bontà…
L’elenco e l’analisi dei personaggi femminili shakespeariani potrebbe durare giorni. Ma qui, ho voluto evidenziare solo un dato: ossia che Shakespeare non guarda assolutamente dal basso le “sue donne”, anzi. Non manca di dimostrare come le sue opere, senza di loro, non sarebbero state quelle che sono state e sono diventate per i suoi lettori di ieri… e soprattutto per quelli di oggi.

Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.