“Non possiamo mai giudicare le vite degli altri, perché ogni persona conosce solo il suo dolore e le sue rinunce. Una cosa è sentire di essere sul giusto cammino, ma un’altra è pensare che il tuo sia l’unico cammino”.
Amore è soprattutto rispettare l’altro, con le sue scelte e il suo modo di essere e sentirsi. Nulla di più scontato, semplice e banale, potremmo affermare al primo impatto. Ma addentrarsi nella profondità di ciò che si dice, è tutt’altra cosa.
E lo sa bene Pilar, il personaggio principale di “Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto“, romanzo pubblicato per la prima volta nel 1996, grazie alla penna di Paulo Coelho. Oggi, in occasione del nostro incontro settimanale con la rubrica “Dasempre & Persempre“, ne individueremo i tratti caratteristici che hanno portato il libro a subire critiche sia positive che negative.
La trama ruota intorno alle vite di due innamorati: Pilar è una ragazza di circa 29 anni, studentessa e lavoratrice, che sogna di sposarsi e creare una famiglia stabile. Il suo amico, di cui non conosciamo il nome (mai viene indicato nel libro), è una specie di insegnante spirituale e ha un dono speciale nel curare la sofferenza e il dolore altrui.
Durante la loro infanzia si sono amati; tuttavia, non sono mai stati in grado di comunicarsi questo amore, così da prendere strade diverse e allontanarsi per un po’ alla ricerca di se stessi. Passano gli anni (quattordici, precisamente): l’incontro tra i due fa per un po’ riemergere l’amore. Ma le cose sono cambiate; i due amanti sono cambiati. Pilar decide di lasciare i suoi studi e il suo lavoro per stare con lui e con i suoi dolori e le sue sofferenze. Vuole aiutarlo nella sua missione di diffondere la fede in Dio nel mondo. Ma diversa è la scelta del suo “amante”.
Piani di riflessione
La critica non è stata molto clemente riguardo a quest’opera di Coelho, tanto da considerarla tale solo per il fatto di essere stata scritta da un autore di tale grammatura. Si è contestata l’eccessiva spiritualità presente nella storia, che confonde e complica la narrazione; l’assenza di un messaggio da comunicare al lettore; la presenza di un amore, analizzato secondo aspetti diversi da quelli a cui il comune sentire è abituato. Insomma, un libro che non dovrebbe essere affatto ricordato né individuato come classico della letteratura.
Eppure, credo che nel romanzo siano trattate tematiche che, nel loro intrecciarsi reciprocamente, gli attribuiscano un significato e un valore da apprezzare oltre ogni frontiera. Si pensi, ad esempio, al fatto che i personaggi riflettono e descrivono il loro “Io” negativo, che impedisce loro di comportarsi come più vorrebbero. Quell’Io che può portarci ad ignorare le necessità e i bisogni dell’altro: farlo, dà inizio ad una vita che non è quella che si vuole, che non è la propria, che non vale la pena vivere.
Non mancano i ragionamenti scientifici: Pilar apprende da un sacerdote di un esperimento condotto su un gruppo di scimmie, al fine di studiarne il comportamento. Dall’evoluzione di un piccolo gruppo si arriva poi all’evoluzione dell’intera razza umana.
Non mancano le metafore sulle difficoltà della vita: l’uomo è come uno scalatore che si arrampica da solo, senza aiuto, su un’alta cima, senza sapere a cosa andrà incontro una volta raggiunta la sua meta. Solo dopo aver raggiunto la meta, egli si rende conto che di tutti gli sforzi fatti, ne è valsa la pena.
Questi concetti-chiave che si dipanano nel corso delle pagine rendono il romanzo vivo più che mai.
L’amore più vero è quello che ci fa arrendere totalmente ai bisogni dell’altro e questo romanzo tratta proprio l’importanza di questa resa. Pilar e il suo compagno sono, certo, personaggi immaginari, ma rappresentano i simboli di molti conflitti che accompagnano ogni essere umano nella ricerca incessante dell’altro e di se stesso. Pilar è una donna piena di vita, che ha insegnato al suo compagno l’arte dell’essere forti, anche al cospetto dei propri sentimenti. Lui è l’uomo con il dono di fare “miracoli”; ma è anche l’uomo che deve trovare la sua strada. Entrambi sanno che solo Dio può trovare la soluzione ai loro problemi.
Una storia d’amore intrisa di tutti i problemi tipici dell’amore adolescenziali, ma non solo. Tutto risulta amplificato e più profondo. Un amore in cui c’è avventura, in cui ci sono insegnamenti, in cui sono presenti lezioni di vita, in cui vi sono riflessioni su ogni aspetto della vita umana. Un’opera, oserei dire, completa: al di là di ogni critica, mi sento di inserirla nella mia biblioteca di Classici, senza alcun dubbio. Il suo messaggio è proprio nel nostro essere umani!

Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.