Classico
Feltrinelli
1 novembre 2013
cartaceo
720
Moby Dick è la balena bianca più famosa al mondo nella storia dei secoli e dei secoli. Ed è un romanzo tra i grandi classici da leggere almeno una volta nella vita. Uno dei capolavori più iconici della letteratura americana ottocentesca, che non portò il suo autore Herman Melville alla fama anzi ne decretò l’oblio fino alla riscoperta del romanzo post mortem. Tra reverenza e fascino, un giorno di aprile decisi di ammainare le vele e prendere il largo insieme a Ismaele.
Ismaele, Queequeg e Achab
È alla voce dell’improvvisato baleniere Ismaele che Melville si affida per narrare le gesta e le imprese della baleniera Pequod, in viaggio sulle acque dell’Atlantico. La narrazione parte dalla terraferma quando Ismaele raggiunge l’isola di Nuntacket in cerca di fortuna, qui incontrerà Queequeg e insieme a questo mastodontico e profano energumeno prenderà la decisione di arruolarsi su una baleniera per la prima volta nella sua vita. I due diventeranno inseparabili instaurando un rapporto di sincero sodalizio, e sin dal primo istante sarà difficile non provare empatia per Queequeg!
“Non puoi nascondere l’anima. Attraverso tutti questi arcani tatuaggi mi pareva d’intravedere i segni d’un cuore semplice e onesto; e i suoi occhi grandi, profondi di un nero ardente e fiero, sembravano dar prova d’uno spirito pronto a sfidare mille diavoli”.
Una volta imbarcati, si fa la conoscenza del famigerato capitan Achab, guidato dalla sola e unica missione di scovare e uccidere Moby Dick. Un’ossessione, a cui l’intero equipaggio non poté sfuggire: ogni marinaio del Pequod non aveva altro obbiettivo se non catturare Moby Dick. Non una semplice balena, ma un demonio dei mari che in una caccia di pesca costò al capitano Achab una gamba.
E vendetta sia! Tuttavia, il tema della nemesi non è semplicemente il motore dell’azione, ma nel corso della narrazione diventa lo spunto per accorate riflessioni sulle oscure profondità dell’animo umano.
“Nato nelle doglie, è appropriato all’uomo vivere nelle pene e morire negli spasmi!”
Come si sviluppa la narrazione
Proprio quando si parte per la caccia, la narrazione prende inaspettatamente una piega enciclopedica e pedantesca, intervallata a tratti da capitoli di azione. Purtroppo, l’elemento avventuroso in Moby Dick non è preponderante come si vorrebbe, ma fortunatamente lo stile di scrittura gode di una punta di sarcasmo che controbilancia la piattezza del contenuto. La descrizione delle creature dei mari è minuziosa e prende molto spazio: da un intero capitolo dedicato alla celebrazione della coda della balena alla disamina delle singole specie di balena, dalla descrizione dei comportamenti dei capodogli in branco, tendenzialmente divisi per sesso, all’elogio del bianco candore del capodoglio.
“Nella più intima idea di questa tinta è latente qualcosa di elusivo, qualcosa che instilla più panico all’anima della rossezza che atterrisce nel sangue. È questa qualità elusiva a far sì che il pensiero della balena bianca innalzi il terrore fino agli estremi limiti”.
Ampio margine viene dedicato anche alla spiegazione dei momenti tipici della vita su una baleniera: dalle pericolose operazioni di prelevamento dello “spermaceti” dalla testa del capodoglio (capo d’olio) al ruolo prezioso dei “colombieri” addetti all’avvistamento delle sfiatate in mare delle balene, dagli usi e costumi da rispettare quando due baleniere si incrociano in mare alle laboriose attività di raffineria a bordo nave per ricavare l’olio vitale sulla terraferma per l’illuminazione delle lampade, come anche i rischi incorsi dai ramponieri, in prima linea sulle lance al momento della caccia.
Cosa aspettarsi da Moby Dick
È vero che non ci si poteva aspettare nulla di diverso da perizia di dettagli e dovere informativo, in un’epoca in cui tra i generi letterari campeggia il romanzo storico dal narratore onnisciente, dalla sequela temporale lineare e dai personaggi di sfondo. Ecco perché a mio avviso Moby Dick non è un viaggio adatto a ogni lettore. Manca una introspezione dei personaggi, spesso abbandonati a se stessi, quando invece avrebbero un potenziale enorme. La caratterizzazione degli attori principali della storia si concentra molto nella parte iniziale e in quella finale, le mie pagine preferite, mentre nel mezzo del romanzo manca un personaggio a cui aggrapparsi in questa lunga traversata in mare.
Conclusioni
Tirando le somme, oggi da questa lettura non si può imparare molto (le nozioni sono decisamente datate), ma salpare sul Pequod significa poter curiosare in un mondo remoto e arcano, altrimenti inaccessibile. Moby Dick è un’ode all’universo dei mari. In passato molti uomini passarono anni della loro esistenza senza mai toccare terra. E in un certo senso la lentezza della lettura di questo romanzo rispecchia i tempi dilatatati della navigazione in mare.
“Considerali entrambi, il mare e la terra: e non vi trovi una strana analogia con qualcosa che è in te? Perché come questo orrendo oceano circonda la terra verdeggiante, così nell’anima dell’uomo si trova un’insulare Thaiti, piena di pace ma cinta di tutti gli orrori della metà della vita conosciuta. Non spingerti al largo di quell’isola: potresti non far più ritorno!”
Consigliare Moby Dick è rischioso, ma se si è grandi amanti dei classici è un viaggio che vale la pena intraprendere, poi sugli scaffali della propria libreria un romanzo del genere non può certo mancare!
Amo la lettura praticamente da sempre, amo i suoni che produce, le storie che crea e le emozioni che evoca.
Non posso fare a meno di scrivere che è il mio pane quotidiano e adoro correre. Non faccio maratone ma mi deletto con lo squash e nel tempo libero sforno crostate.
Che altro dire? La Bottega dei libri è una delle cose belle capitate negli ultimi tempi.