Oggi continuiamo la nostra neo-nata rubrica “Dasempre & Persempre: i Classici”, con un altro capolavoro della letteratura inglese (dopo Wuthering Heights) di inizio Ottocento, in piena epoca romantica (anche se di romantico in senso letterario scopriremo che questo romanzo ha poco). Sto parlando di “Pride and Prejudice” (Orgoglio e Pregiudizio), abbozzato già alla fine del Settecento sotto il titolo “First Impressions” e poi pubblicato anonimamente per la prima volta nel 1813.
La rilettura che ho fatto del romanzo mi è stata stimolata dalla visione del film del 2005 di Joe Wright con Keira Knightley e Matthew MacFadyen. Un così grande capolavoro della letteratura mondiale, infatti, ha vissuto diverse trasposizioni cinematografiche, tra cui qui considero degno di nota lo sceneggiato della BBC del 1957 con Colin Firth nei panni di Mr. Darcy, che riproduce quasi alla lettera le pagine della Austen.
E non potevo non rendere partecipi voi delle mie riflessioni sull’opera e del motivo (o i motivi) che credo sia alla base del suo essere diventato un classico.
Il contesto storico-letterario
Siamo agli inizi del secolo romantico, come detto, anche se la prima bozza “First Impressions” fu terminata già verso la fine del secolo illuminista e non fatichiamo a crederci, nonostante di essa nulla ci sia rimasto. Nel romanzo, infatti, sono presenti più caratteristiche illuministe, quali la velata denuncia sociale, la sottile ironia che contraddistingue i personaggi (in particolare Elizabeth) che romantiche. Mancano, non a caso, l’accentuato individualismo dei personaggi, nonché quel rapporto tra gli stati d’animo umani e la natura che li riflette, che costituisce uno dei temi principali del romanticismo ottocentesco.
Ma questa distanza della Austen con i dettami del proprio secolo non le hanno impedito di ottenere successo già in vita, nonostante le sue opere fossero firmate rimandando allo pseudonimo “A Lady”, stante il veto per le donne di dedicarsi pubblicamente alla scrittura.
In realtà, in generale per le donne inglesi questo è un periodo che noi definiremmo difficile. Non erano portatrici di diritti e di libertà. Questo comportava il non potersi sposare per propria scelta, l’essere dipendenti prima al padre poi al marito, l’occuparsi della casa e dei figli, studiare se appartenevano ad un certo lignaggio, lavorare se le condizioni economiche erano disagiate.
E questo è il contesto in cui la storia della famiglia Bennet si inserisce. Una famiglia, certo, non ricchissima ma neanche povera: un reddito di duemila sterline l’anno la rendeva una famiglia di campagna di un certo spessore, con un cuoco e domestici a disposizione, seppur ‘rozza’ nelle maniere e nei modi di fare. Ma un tale reddito nulla era se confrontato con quello di Mr. Bingley, di cinquemila sterline l’anno, o addirittura del misterioso Mr. Darcy, che toccava le diecimila. Naturali erano, dunque, gli escamotage posti in essere da Miss Bennet per cercare di maritare una delle sue figlie se non con l’uomo più ricco, perché più arrogante e presuntuoso, con quello meno ricco ma altrettanto facoltoso.
I personaggi
La signora Bennet è uno dei personaggi emblematici della storia. Al lettore essa appare sciocca, eccessiva, inadeguata a contesti eleganti, arrivista, calcolatrice e incurante dell’educazione delle proprie figlie, in particolare delle ultime due, Catherine e Lidia, più dedite ai balli e agli ufficiali che al decoro dell’essere figlie minori di una buona famiglia dell’Hertfordshire.
In realtà, se ci caliamo nella realtà di inizio Ottocento, comprendiamo come avere cinque figlie fosse cosa non facile e che, non avendo figli maschi che avrebbero ereditato gli averi paterni (che sarebbero per tal motivo andati al primo discendente in linea maschile, nel nostro caso il cugino Collins), era forte premura per una madre assicurare loro una vita agiata e dignitosa con un “buon partito”.
E, devo ammettere, che pensando in questi termini, il lettore può avere compassione per la povera Miss Bennet che, nonostante tutto, darebbe la propria vita per le figlie (si pensi alla tristezza che ella prova nel momento in cui Lidia sta per abbandonare definitivamente la casa paterna dopo il suo azzardato, avventato e poco decoroso matrimonio con l’ufficiale Wickham e che la porta ad affermare tra le lacrime: “Mi capita spesso di pensare […] che non ci sia nulla di più doloroso che separarsi dalle persone care”).
In contrasto al protagonismo della signora, Mister Bennet appare un uomo più taciturno e solitario. Parla poco e quando lo fa ironizza sui comportamenti della moglie o manifesta affetto verso la sua figlia prediletta Elizabeth (che insieme alla primogenita Jane incarnano il decoro che una donna della loro età deve avere), sveglia, intelligente e ironica almeno quanto lui. Eppure è una presenza fondamentale per la famiglia: è l’uomo! È lui che decide, è lui che può accettare o meno un pretendente per le sue figlie, è lui che deve partire alla volta di Londra alla ricerca della figlia minore sconsiderata che sta per macchiare il nome della famiglia.
E poi vi sono Jane, la figlia ingenua, buona (a volte così tanto da sembrare stupida) e bella che fa innamorare Mister Bingley, un giovane altrettanto buono, umile e di onesti sentimenti; Mary, la figlia che cerca virtù nella bellezza degli studi, nelle letture e nella musica; Catherine e Lidia, le due minori sciocche, che hanno ricevuto una poco rigida educazione e che sono assecondate dalla madre, che rivede in loro la sua giovinezza ormai andata.
C’è lei, Elizabeth, la protagonista del romanzo. Una donna che rispetta le regole che la società le impone, contravvenendovi tuttavia con la sua caparbietà, la sua determinazione e la sua ironia (al contrario di quanto fa la sua migliore amica Charlotte Lucas). E c’è lui, Mister Darcy, che, per quanto Jane Austen lo presenta al lettore come antipatico e classista, viene di converso subito amato e compreso nel suo alone di mistero.
Elizabeth e Darcy rappresentano due mondi diversi. L’una la campagna, l’altro la città; lei una famiglia poco decorosa e che dà mostra di sé in negativo, luila ricercatezza e l’eleganza; l’una un ceto che seppur dignitoso non può competere con l’altro, proprietario di una tenuta rispetto alla quale esclamare ‘meravigliosa’ è poca cosa.
Il romanzo
Basterebbe asserire “Pride and Prejudice” per dire tutto. Ma in questa sede, dove i Classici fanno da padroni, è necessario specificare qualcosa di questo ‘tutto’.
L’opera ha avuto gran successo fin dalla sua prima pubblicazione (nonostante il più prestigioso editore inglese di quei tempi si fosse rifiutato di pubblicarla). Non trascorse molto tempo prima che furono attuate le sue prime traduzioni, con le quali si è cercato di mantenere intatto lo stile quasi poetico dell’autrice.
“Ho lottato invano. Non c’è rimedio.
Non sono in grado di reprimere i miei sentimenti.
Lasciate che vi dica con quanto ardore io vi ammiri e vi ami”
I dialoghi, che prevalgono nel romanzo, sono musicali, sembrano scritti in versi in un inglese erudito, colto. Anche i contrasti verbali tra Elizabeth e Darcy, seppur duri nelle parole, risultano quasi gradevoli alla lettura.
Lo stile della Austen è semplice, ma ricercato; ricercato, ma naturale. Mai la lettura risulta pesante, neanche quella dei sermoni del cugino Collins, artefatto e petulante nelle sue esternazioni.
Manca sicuramente la cornice storica. L’autrice si limita a raccontare la storia della famiglia Bennet e l’amore tra Elizabeth e Darcy, senza far trapelare nulla su quanto accade al di fuori delle loro mura domestiche e cittadine. Il ritratto della società inglese dell’epoca ci è noto solo grazie ai personaggi protagonisti della storia, così come le usanze, le tradizioni e i rapporti di vicinato. Ma questa mancanza è stata fin da subito perdonata! È stata colmata da ciò che ha reso il romanzo intramontabile.
L’orgoglio e il pregiudizio diventano un classico?
Orgoglio e Pregiudizio sono i sentimenti da cui partono i percorsi emotivi e caratteriali dei due personaggi principali. L’orgoglio di Elizabeth nel vedere Mister Darcy indifferente a lei per le sue fattezze, ma soprattutto per il suo ceto sociale, per gli eccessi della sua famiglia, alla base del di lui pregiudizio. Sentimenti che, tuttavia, vengono superati nel corso della storia andando anche contro se stessi, oltre che le convenzioni sociali.
“Sono la creatura più felice dell’universo.
Forse altri lo hanno detto prima di me, ma nessuno con tanta ragione”
Elizabeth, che inizialmente si era rappresentata un Darcy da evitare e odiare anche a causa delle calunnie di Wickham, impara a guardarlo con occhi diversi, notando aspetti della sua personalità che, seppur sempre presenti in lui, non si era mai data cura di notare.
Darcy, che cerca fin dal primo incontro di mostrarsi freddo e indifferente alla seconda delle sorelle Bennet, non riesce a nascondere al suo cuore l’interesse che prova verso una ragazza così sveglia, intelligente e diretta, dallo sguardo profondo, nonostante la sua posizione sociale gli consigli di starsene a dovuta distanza. Ed ecco che le convenzioni sociali sono superate e l’amore tra i due non può più essere contenuto.
“Non avrebbe saputo dire se, vedendola, egli avesse provato più gioia o più dolore,
ma quel ch’era certo era che non l’aveva veduta con animo indifferente”
Ma vi sono anche altri luoghi del romanzo in cui le convenzioni sociali sono superate (e questo rende il romanzo anticonformista per l’epoca). Elizabeth rifiuta dapprima una proposta di matrimonio vantaggiosa per la sua famiglia da parte di Collins, erede della tenuta del padre; rifiuta poi di diventare la moglie di Darcy, voltando le spalle ad un considerevole patrimonio che avrebbe invece rallegrato di gran lunga ogni ragazza della sua età e posizione. Ma ancora, Elizabeth stessa si indispone dinanzi a signore ricche che trattano con disprezzo lei e la sua famiglia, fino ad arrivare a contestare Lady Catherine De Bourgh, la ricchissima e notissima zia di Darcy.
Una protagonista, non c’è che dire, eroica e che ancora oggi può costituire un esempio per le donne che non vogliono essere sopraffatte da nulla.
Una storia d’amore che non nasce sotto i migliori auspici, una donna che si erge al di sopra della società di cui fa parte, l’insieme dei valori che soggiacciono ai fatti narrati, lo stile nell’esporli rendono Pride and Prejudice un altro dei Classici di cui le nostre biblioteche non possono fare a meno.
Alice
Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.