“Non potrò mai dimenticare il senso di terrore arcano, di orrore, di meraviglia che mi afferrò non appena volsi lo sguardo a contemplare lo spettacolo che mi circondava”
Parole che descrivono lo stato d’animo di chi ricorda un evento che lo ha profondamente segnato: il terrore di quanto visto, l’orrore di quanto provato, la meraviglia che nasce dall’incredulità di ciò che si è vissuto. Ma non solo: parole che infondono quelle stesse emozioni in chi ascolta o, come nel nostro caso, legge quel ricordo.
Edgar Allan Poe è stato, anche in questo, “maestro”. Comunemente, infatti, definito il maestro, il precursore dei generi letterari dell’horror, del poliziesco, del noir, egli è stato soprattutto Maestro della personificazione. Innata è la sua capacità di portare seco il lettore e fargli vivere tutto ciò che i protagonisti delle sue opere provano.
E questo in tutte le branche in cui la sua arte si è diramata: nella critica letteraria, nel romanzo, nella poesia, nel racconto. Nei Racconti, in particolare, emerge la maestria dello scrittore americano sia nel narrare che nel suscitare emozioni. E non parliamo certo di emozioni romantiche: ma proprio di terrore, orrore, meraviglia.
Emozioni presenti in tutte le classificazioni che vengono fatte dei Racconti: fantastici (o straordinari), del mistero (o dell’incubo), grotteschi (o del terrore). A distinguerli la presenza o meno dell’elemento fantastico o soprannaturale, del raziocinio con cui risolvere un mistero (tipico del racconto poliziesco/thriller), dell’orrore. Emozioni che oggi saranno le protagoniste della rubrica “Dasempre & Persempre“.
Scorci di racconti
Edgar Allan Poe ha reso la scrittura una componente costante ed essenziale della sua vita. Si identifica con essa; colloquia con essa; si sfoga con essa. Il suo stile, infatti, lo rispecchia appieno. Le sue opere sono intrise del dolore provato durante l’esistenza e causato, in particolare, dalle perdite di persone care da lui amate: la madre naturale, la madre adottiva, la sua sposa. Ma sono anche intrise della sua delusione verso una società in decadenza e scevra di valori che non siano materialismo, progresso e potere.
Come ho anticipato, credo che i Racconti costituiscano il fulcro dell’intera opera di Poe. In essi si ritrovano le tematiche a lui care, quali la follia, la morte, il terrore e tutto ciò che vi è di affine e correlato. Ma, soprattutto, nei Racconti emergono la personalità di Poe, il suo pensiero, il suo modo di affrontare una realtà eccessivamente razionale e scientifica.
Ho scelto per il nostro appuntamento settimanale tre racconti che, a mio parere, sono rappresentativi delle tre anime del nostro scrittore, che vanno a confluire in un’unica parola chiave: l’orrore.
Partiamo dall’anima che si contrappone alla razionalità scientifica, presente soprattutto nei Racconti del mistero, quelli polizieschi, finalizzati alla risoluzione di un caso che, per i corpi specializzati di polizia, risultano irrisolvibili e complicati. Tra questi, La lettera rubata costituisce il racconto in cui più è evidente la critica che Poe fa al sistema ai suoi tempi vigente. Sono superflue le indagini eccessivamente accurate e basate su strumenti sofisticati e all’avanguardia, quando poi la soluzione del caso è più semplice di quanto appare.
Il prefetto non si rende conto che la lettera che lui cerca incessantemente si trova proprio sotto ai suoi occhi, perché troppo preso dalle ricerche e dalle sue convinzioni sui posti impensabili in cui un ladro avrebbe potuto nascondere l’oggetto rubato per renderlo introvabile da chiunque. Ebbene Dupin usa la logica: il ladro si aspetta tutte le “super-ricerche” e non nasconde affatto la lettera!
E questo è un punto, a quel che sembra, un tantino al di sotto, ovvero al di sopra, dell’intelligenza del prefetto. Egli non ha mai creduto probabile che il ministro avesse deposta la sua lettera proprio sotto il naso di tutti, nel solo intento d’impedire a un individuo qualunque di scorgerla. Ma più io mi perdevo a far congetture sull’audacia, la profondità e lo spirito inventivo del ministro D. – e soprattutto sul fatto ch’egli aveva bisogno di avere il documento sempre a portata di mano perché potesse usarne tempestivamente, e ancora su quell’altra circostanza apertamente dimostrata mercé l’aiuto del nostro prefetto, che cioè la lettera non era stata nascosta in quelli che sono i limiti d’una ordinaria perquisizione foss’anche compiuta a regola d’arte – e più io mi convincevo che il ministro, per nascondere la sua lettera, era ricorso all’espediente più ingegnoso che si possa concepire da mente umana, il quale consisteva addirittura nel non tentare affatto di nasconderla
L’anima fantasy di Poe si rinviene nei Racconti fantastici, dove l’elemento soprannaturale predomina e si frammista all’aspetto horror della storia narrata. Ho scelto, a riguardo, Una discesa nel Maelström: il racconto viene esposto proprio da chi ne è stato protagonista incredulo. Sopravvissuto ad una vicenda che sa dell’incredibile, un pescatore ricorda con una lucidità disarmante tutto ciò che è accaduto intorno a lui mentre era in preda al vortice norvegese, al largo delle Isole Lofoten.
Una lucidità quasi maniacale (sintomatica delle ossessioni dello scrittore), dettagliata, viva che, tuttavia, ha avuto le sue tragiche conseguenze: il pescatore è salvo, sì, ma morto, se non nel corpo, nell’animo. Ha toccato la morte, ne ha fatto esperienza e non riesce più a distaccarsene, tanto da essere velocemente invecchiato, nonostante la giovane età.
Non dimenticherò mai il senso di terrore, di orrore, di ammirazione con cui osservai dintorno a me; la barca pareva sospesa come per incanto a mezza strada sulla superficie interna dell’immenso imbuto, smisuratamente profondo; e le pareti di esso, levigate a perfezione, si sarebbero scambiate per ebano se non fosse stata la vertiginosa velocità con la quale giravano e lo scintillante orribile splendore che mandavano, rifrangendo i raggi della luna piena che, dallo spazio circolare fra le nuvole già descritto, penetravano giù a gloria come fasci d’ oro sulle nere muraglie, e giù giù lontano ne’ luoghi più remoti dell’abisso.
Tra i Racconti del terrore (quelli maggiormente horror, per intenderci, visto che il terrore è presente a diversi livelli un po’ ovunque), ho invece scelto Berenice, in quanto comprensivo di tutti gli elementi tipici di questo genere di storie. Ci sono, infatti, la follia, rinvenibile nel disturbo psichico di Egaeus; la malattia, nel personaggio di Berenice, affetta da epilessia; la morte, nella sua versione “apparente” e, poi, anche reale; il rapporto con la morte, presente nella profanazione della tomba; il pallore tipico del fantasma, caratteristica dell’aspetto cadaverico di Berenice; il tema del mistero e dell’investigazione; l’orrore, ravvisabile nella cruda violenza con cui Egaeus cava i denti a Berenice, non effettivamente morta.
Mi ritrovai nella biblioteca, ero e solo. Mi sembrava di uscire da un sogno confuso ed agitato. Vidi che era mezzanotte ed io avevo preso le mie precauzioni perché Berenice fosse sepolta subito dopo il tramonto. Ma di quel che accadde durante quel lugubre intervallo non ho conservato memoria certa né chiara. Pure la mia mente era ingombra di orrore, tanto più orribile quanto più vago, di un terrore che l’ambiguità rendeva più spaventoso. Era come una pagina paurosa nel registro della mia esistenza scritto interamente con ricordi oscuri, orrendi e inintelligibili.
Uno stile horror indimenticabile…
Ancora oggi, più di allora, i Racconti di Edgar Allan Poe sono letti con trasporto, emozione, angoscia e inquietudine. E questo, nonostante il genere horror/thriller sia ormai in voga tra la narrativa contemporanea italiana e straniera. Poe sembra essere insuperabile… ed effettivamente è proprio così!
Il suo stile chiaro e inquieto pervade il lettore e lo trascina in una storia raccontata con distacco emotivo, ma piena a sua volta di emotività, che non sfugge al lettore. Tutto è chiaro dinanzi ai suoi occhi: l’avvicendarsi dei fatti, gli stati d’animo dei personaggi, la curiosità di risolvere un caso, l’angoscia per ciò che sta per accadere e che non si conosce ancora, lo stupore di quanto si è letto.
Ecco l’attualità di questi Racconti pervasi da follia. Una follia che è propria dello scrittore; viene trasposta nella narrazione; si stanzia in chi legge… e rende tutto questo immortale, seppur tremendamente (anzi terribilmente) assurdo.

Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.