“Con la dolcezza. È il solo sistema possibile con un essere vivente, qualunque sia il suo livello di sviluppo. L’ho affermato, lo affermo e lo affermerò sempre. Si sbagliano se pensano che il terrore serva a qualcosa. No! Il terrore non serve a nulla, né con i bianchi, né con i rossi e neanche con i gialli. Il terrore blocca il sistema nervoso”
Un manifesto politico? Quasi!
Queste sono le parole che pronuncia il Professore Filìpp Filìppovič, rispondendo alla domanda del dottor Bormentàl su come il suo superiore fosse riuscito a portare a casa un cane randagio ferito senza incorrere in alcuna difficoltà. È stata la “dolcezza”, sono state le buone maniere e la gentilezza gli strumenti con cui è riuscito a compiere l’impresa.
Michail Bulgakov fa esprimere ai personaggi che crea i propri pensieri e le proprie idee. Chiunque conosca lo scrittore russo, non potrà non ricollegare il discorso del Professore al contesto socio-politico in cui egli vive. Siamo nel pieno degli anni ’20 del Novecento, a Mosca: la guerra civile tra i “rossi” bolscevichi e i “bianchi” controrivoluzionari è da poco terminata a vantaggio dei primi; il partito bolscevico inizia ad affermare il proprio potere con la forza; l’ideologia leninista e marxista si diffondono a dismisura; la dittatura del proletariato è l’obiettivo da perseguire per attuare una vera rivoluzione socialista.
Questa piccola premessa storica è fondamentale per comprendere l’opera di Bulgakov e in che modo l’orientamento politico dominante nella Russia del primo Novecento ha inciso sulla sua formazione. E, a mio parere, più che il Maestro e Margherita (di cui magari parleremo in un altro appuntamento classicheggiante), sono soprattutto i suoi Racconti che permettono di conoscere l’essenza dello scrittore russo. Oggi, per il nostro incontro con la rubrica “Dasempre & Persempre“, ho scelto di riflettere su Cuore di Cane, scritto nel 1925, ma pubblicato in terra sovietica solo nel 1987 sulla rivista Znamjia.

La trama, a tutti nota, ruota intorno ad un intervento chirurgico, eseguito a Mosca nel dicembre del 1924, in cui il rinomato Professore Preobrazénskij (Filìpp Filìppovič), insieme al suo collaboratore Bormentàl, sostituiscono l’ipofisi di un cane con quella di un uomo nell’intento di effettuare un esperimento sul ringiovanimento del corpo che subisce il trapianto. L’esito dell’intervento, seppur eclatante, tuttavia sarà infausto, dal momento che il cane, di cui rimarrà solo il cuore, vivrà un processo di antropomorfizzazione che lo renderà il più ignobile tra gli esseri umani.
La satira russa esplode nel racconto: Bulgakov critica la società e tutti i suoi aspetti. Il cane, denominato Pallino e divenuto poi Pallinov Pallinovič a seguito della pretesa iscrizione all’anagrafe, costituisce la rappresentazione dell’uomo del tempo. Basta sostituire l’ipofisi canina con quella umana per dare vita ad un uomo spregevole, vicino agli orientamenti politici marxisti, che invero vengono criticati nell’opera fin dalle prime pagine.
“… La bufera nel portone mi urla il de profundis e io ululo con lei. Sono finito, finito. Un delinquente col berretto sporco, il cuoco della mensa degli impiegati del Consiglio Centrale dell’Economia Nazionale, mi ha rovesciato addosso dell’acqua bollente e mi ha bruciato il fianco sinistro. Che bestia! E sì che è un proletario! Signore santissimo, che dolore!”
Ma la società corrotta non è l’unico bersaglio di Bulgakov. La scienza stessa, con i suoi eccessi e il suo voler andare oltre ciò che la natura impone, è oggetto di critica: dallo stupefacente intervento, infatti, ne derivano conseguenze paradossali, contro-natura, negative e portatrici di caos. Ed è sempre l’uomo, l’artefice di ciò. Eppure la satira di Bulgakov ha un fondamento, possiamo dire, “romantico”, giacché alla base della sua ostilità nei confronti della realtà circostante vi è un forte credo verso i diritti dell’uomo, che lo Stato non può oltraggiare.
Le caratteristiche dell’opera
La struttura di Cuore di cane è dinamica: inizialmente, il punto di vista della narrazione è quello del cane randagio, ferito da un cuoco con dell’acqua bollente. In queste pagine, si assiste ad un animale che comprende, o meglio ha imparato a comprendere (addirittura a leggere qualche parola, associandola a segni o immagini) ed è interessante (nonché originale) vedere le cose attraverso gli occhi e la mente di un essere che non è uomo. La percezione degli ambienti, infatti, è diversa: il cane descrive e racconta in base a ciò che ha ascoltato, gironzolando per le strade della città; è critico verso i proletari, la rivoluzione, l’uomo insensibile al suo status di salute. Si meraviglia dell’unico signore che gli procura da mangiare e lo porta nella sua grande casa, al caldo.
Il punto di vista della narrazione cambia subito dopo l’intervento chirurgico. I postumi sono raccontati attraverso gli appunti dell’assistente Bormentàl, che effettua giorno per giorno la diagnosi di quanto accade al corpo animale situato nell’ambulatorio.
Al risveglio del cane, chiamato dal Professore “Pallino”, subentra un narratore esterno che racconta tutti gli sviluppi della vicenda.
Lo stile della narrazione è chiaro; le descrizioni dei luoghi non sono presenti, fatta eccezione per una Mosca che viene descritta come “freddissima” e buia, manifestazione evidentemente dell’aria altrettanto buia che infestava le strade. Puntuali e specifiche sono, invece, le descrizioni scientifiche e mediche che vengono fatte dal Professore e dal suo assistente: un linguaggio così tecnico si deve alla formazione di Bulgakov che, come è noto, si laurea alla facoltà di Medicina di Kiev e svolge la professione di medico prima nella Russia rurale, a contatto con i poveri contadini, poi nella sua città natale, specializzandosi nella cura delle malattie veneree. E così, l’intervento che subisce Pallino sembra svolgersi dinanzi agli occhi esterrefatti del lettore che quasi non crede in ciò che legge.
Interessante è l’uso della figura retorica della prosopopea, costante nel racconto. Gli oggetti appaiono essere viventi e contribuiscono ad animare la narrazione. Si pensi alla bufera che, da “vecchia strega” fa sbattere il portone del palazzo in cui il cane Pallino si era rifugiato dopo la ferita al fianco e che, “galoppando sulla scopa, ferisce l’occhio” della ragazza che sta passando.
Nulla è lasciato al caso per l’autore, neanche i nomi dei personaggi. Il nome del Professore “Preobrazénskij” significa “colui che trasfigura” e non a casa lui è il rinomato medico che esegue interventi chirurgici ai limiti del possibile, trapiantando in esseri umani organi di esseri animali per migliorare le loro condizioni di vita e le loro prestazioni, anche sessuali.
La critica dell’assurdo, portata avanti da Bulgakov, è costante in tutta la narrazione. Eppure non è per la critica che Cuore di cane sia nato per essere un Classico della letteratura straniera. Forse non rappresenta il più amato tra gli scrittori russi, ma a Bulgakov va il merito di aver dato vita ad un caso, in questo caso medico, che viene ricordato nel tempo per l’assurdità che ne è alla base, per le paradossali conseguenze che ne sono derivate, e per l’eccesso in cui spesso incorre la scienza (tema ancora oggi di grande attualità).
E viene ricordato per l’immagine dell’uomo del primo Novecento che, nonostante il passare del tempo, cambia poco in termini di sostanza. Un uomo cinico, egoista, avvezzo alla rivoluzione violenta e inconcludente, dittatore, culturalmente ignorante, che riesce a volgarizzare e rendere indegno anche un essere dal cuore di cane.

Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.