Thriller psicologico
Fazi Editore
30 maggio 2023
cartace, ebook
332
Una giovane poliziotta, Camille Nijinski, si trova nello studio del dottor Fibonacci, uno psichiatra che si accinge a raccontarle una storia incredibile di cui è l’unico depositario. Si tratta della testimonianza raccolta da una paziente, la quale è stata trovata priva di sensi e di memoria in un bosco accanto al cadavere di un uomo.
Camille, incaricata di seguire le indagini, ha bisogno di capire di più riguardo a questa improvvisa perdita di memoria, ma lo psichiatra ha molto altro da rivelarle. Prima di dimenticare tutto, la sua paziente ha condiviso con lui i fatti del suo passato: una storia lunga e complessa, senza dubbio la più straordinaria che Camille ascolterà in tutta la sua carriera. Le protagoniste sono cinque. Tutte donne. La giornalista, la psichiatra, la rapita, la scrittrice… E la quinta?
La quinta donna è il filo del labirinto, è colei che fornirà le risposte a tutte le domande e, forse, anche una via d’uscita.
Parlare di “Labirinti”, il nuovo romanzo di Franck Thilliez ed analizzare, in particolare, i personaggi, senza svelare nulla dello straordinario intreccio costruito dall’autore francese, è un’impresa tutt’altro che semplice. È nella perfetta ed enigmatica architettura della storia, dove il lettore famelicamente divora le pagine per trovare il bandolo della matassa di una narrazione scaltra e, a volte, quasi onirica, che risiede il valore di “Labirinti”.
In questa particolare storia, i personaggi sono un elemento funzionale alla conclusione della vicenda e ogni loro azione ha una valenza per l’intreccio. Risultano, infatti, quasi delle figure ermetiche, che non permettono di sondare il loro animo. Qualcosa, infatti, ci sfugge e, impegnati come siamo a trovare indizi che portino alla soluzione finale, non ci accorgiamo che mancano di introspettività. In altre parole, di profondità psicologica che ci permetta di capirle meglio.
“La giornalista, la psichiatra, la rapita, la scrittrice”, ripeté lei rileggendo i propri appunti. “Mi manca la quinta persona…”. Il medico si sistemò sulla sedia e inspirò a lungo. La sua interlocutrice non capì se fosse stanchezza oppure il suo modo di farle intendere che doveva essere meno impaziente. “Arriva solo in seguito, ed è la chiave di tutto”, rispose. “La sua identità verrà rivelata solo alla fine della storia. Adesso ascolti dall’inizio quello che ho da raccontarle…”. L’uomo brandì l’alfiere nero davanti ai suoi occhi. “E si concentri, perché questa storia è un vero labirinto in cui tutto si intreccia. E la quinta persona è il filo nel dedalo che, ne sono certo, fornirà le risposte a tutte le sue domande” – Labirinti
A grandi linee, si potrebbe dire che il labirinto costruito dall’autore si dirama in quattro percorsi dalle atmosfere cupe e inquietanti, con l’alternarsi delle vicissitudini di quelle che sono, a tutti gli effetti, le protagoniste.
Nel reparto psichiatrico di un ospedale francese, la detective Camille Nijinski, infreddolita e molto stanca, sta cercando di venire a capo di un cruento omicidio di un uomo, il cui corpo è stato trovato in uno chalet, accanto alla sua probabile carnefice priva di sensi. La donna, stando alle parole del dottore che l’ha presa in carico, non ricorda nulla, “è una pagina bianca” e “dalla sua memoria è scomparso ogni ricordo”. Si tratta di un vero e proprio mistero che, però, Camille vuole risolvere. Per farlo, lo psichiatra le racconta ciò che la donna, prima di dimenticare tutto, gli ha rivelato.
“Deve sapere che ci sono cinque protagoniste nel racconto che sto per condividere con lei. Solo donne. Scriva, è importante per il prosieguo: “la giornalista”, “la psichiatra”, “la rapita”, “la scrittrice” – Labirinti
Quattro sono, però, le figure femminili che incontriamo nelle vicende descritte nel romanzo. Ognuna parte di un percorso narrativo diverso. Quattro percorsi che, come in un vero labirinto, presentano degli scarti, delle piste che non portano in una direzione ben precisa, ma sono significativi per i piccoli indizi che, se riconosciuti, creeranno alla fine il quadro generale.
Lysine, la giornalista, Véra Cletone, la psichiatra, Sofia Enrichz, la scrittrice, e Julie, la rapita, un personaggio già incontrato nel romanzo “C’era due volte“, hanno ognuna un proprio campo d’azione e sono facilmente riconoscibili, seppure presentino qualche ombra grigia nella loro storia.
Zone d’ombra che, a ben vedere, sono presenti nelle vicende di ognuna. Risulta evidente, ad esempio, che il loro passato è un tempo sfocato, quasi emergessero, come persone, da un limbo che, in un modo o nell’altro, le costringe all’azione. Lysine, infatti, dopo lo shock del furto subito nella casa dei suoi genitori, non riesce a focalizzare i suoi ricordi dell’infanzia. Il fatto di ritrovarsi nella stessa casa non l’aiuta di certo a ricostruire ciò che è stato. Anzi, è proprio da lì che inizia una ricerca di una misteriosa donna che sembra averle rubato l’identità e che, soprattutto, ha lasciato in una casella postale, intestata a suo nome, un conturbante video 8 mm.
Per Véra, la psichiatra, invece, il passato è qualcosa da cui fuggire, dopo la morte della sua bambina. Si è rifugiata, infatti, lontano dalla società, in una zona di montagna gestita da un’associazione che aiuta le persone che, come lei, soffrono di intolleranza alle onde elettromagnetiche. Il fatto di vivere in uno chalet in mezzo ai boschi, lontano da tutti, le permette di isolarsi, quasi di nascondersi, mantenendo, via radio, un unico contatto con André Lambert, settantenne, ex guardia forestale, anch’egli ipersensibile alle onde di telefonini e wi-fi. Nonché giocatore di scacchi che
“viveva in uno chalet appena più comodo del suo e altrettanto isolato. Era andata a trovarlo solo due volte. Eccellente camminatore, era sempre lui a spostarsi, sia perché cacciava in zona, sia perché andava a prendere o restituire i libri che le chiedeva in prestito. Ma non si vedevano dall’autunno”.
A riportarla al suo vissuto, però, è la visita inaspettata, da parte di una scrittrice, Sofia Enrichz, di cui Véra sta leggendo un romanzo, trovato casualmente tra i materiali di scarto. Sofia, che sembra essere uscita dal nulla, si rivelerà essere stata, invece, una ex paziente che Véra, come psichiatra, non è stata in grado di aiutare.
Infine, per Julie, rapita dallo scrittore di romanzi horror Caleb Traskent (altro personaggio di “C’era due volte”), il passato si è allontanato inesorabilmente. Genitori, amici, momenti di vita normale diventano per lei sempre più sfocati, a mano a mano che le settimane diventano mesi e i mesi anni, rinchiusa com’è in una stanza insonorizzata e senza finestre. I tentativi di fuga e le punizioni fisiche e psicologiche che il suo carceriere le infligge costituiscono per Julie Il suo presente, annullando quindi tutto ciò che è stato il suo passato.
Proprio nell’idea di fuga, tutte le protagoniste mostrano un elemento che le accomuna. Julie escogita e tenta innumerevoli evasioni dalla stanza in cui è rinchiusa, mentre Lynette cerca di scappare da chi le vuole impedire di scoprire la verità che sta dietro agli orrori del filmato 8 mm. Véra, invece, vuole allontanarsi dalla società, e Sofia, la scrittrice, sente la necessità di sfuggire alla sua dote di preveggenza su fatti di cronaca nera, che devono ancora accadere e che costituiscono la base della sua scrittura.
Con ritmi incalzanti, seguiamo le piste descritte dalle quattro donne, ognuna immersa in un ambiente diverso, ma sempre cupo e foriero di violenza ed orrore. Ed è nella violenza e nell’orrore che ognuna di esse sperimenta in modo diverso, che diventa più chiaro, a mano a mano che si procede nella lettura, il percorso della narrazione, di cui una chiave di accesso è nascosta proprio nel gioco degli scacchi, un altro elemento che accomuna tutte e quattro le donne.
Nel momento in cui gli indizi convergono verso la soluzione finale, diventa chiaro che il racconto non è sincrono. L’alternarsi dei punti di vista delle quattro figure crea, infatti, un vero e proprio labirinto temporale. Solo con le battute finali, la linea temporale riprenderà il corso normale degli eventi e sarà possibile collocare le vicissitudini di ognuna di loro nel momento narrativo corretto.
La caratteristica delle quattro figure è che ognuna rappresenta un passaggio, quasi una mossa sulla scacchiera del romanzo, e solo la quinta ed ultima figura, la detective Camille Nijinski, potrà dare scacco matto a tutto il mistero. Ma l’autore, nel creare questo intricato impianto narrativo, ha voluto dar vita a un personaggio che compare pochissimo, ma che, allo stesso tempo, è una sorta di accesso all’enigma, affidandogli proprio il compito di aprire e chiudere il racconto. Lo psichiatra, il dottor Fibonacci, che incontriamo all’inizio, è anche colui che ha raccolto la testimonianza di quanto sia veramente accaduto.
Fibonacci non è certamente un nome casuale per uno psichiatra francese; non è un caso che sia proprio il nome del matematico medievale, noto per la successione di numeri. Come questo si leghi alla soluzione del mistero, non verrà qui svelato, ma solo per non togliere il piacere di una lettura di un romanzo dal finale architettato in modo geniale!