“Il caso Morel” è il romanzo d’esordio dello scrittore brasiliano Rubem Fonseca, edito da Fazi Editore.
È stato scritto cinquant’anni fa, nel 1973, e dato alle stampe solo ora. Le vicende prendono vita in una Brasile d’altri tempi, anche se, per certi versi, alcune situazioni non sono cambiate di molto.
Ci troviamo nello Stato di Guanabara, nel settembre del 1972.
Il romanzo inizia nella cella del protagonista, Paul Morel, “un cubicolo minuscolo. Branda stretta con coperta grigia. Tavolo pieno di libri; radio portatile; lavandino; gabinetto; altri libri impilati sul pavimento.”
Morel è un lettore vorace e in carcere ha il tempo di leggere tutti quei libri che aveva lasciato coprirsi di polvere. Il commissario Matos ha le chiavi di casa sua proprio per procurargli i romanzi nella sua biblioteca, ben fornita.
La casa del protagonista versa in un disordine inquietante!
Dopo che Cristina, la moglie ossessiva compulsiva, lo ha lasciato, Paul ha iniziato a vivere felicemente nel disordine.
“Basta con l’ordine, gli aspirapolvere, le donne di servizio che mi spostano i libri e i quadri, questo posto lo faccio diventare una foresta tropicale” – Il caso Morel
Morel è un fotografo e un pessimo pittore, ad ogni modo un artista. Alcune scene del romanzo sono ambientate nel suo studio fotografico.
C’è una forte contrapposizione tra le case di lusso che frequenta Morel e le baracche situate sul lungomare di Copacabana, dove si appostano mendicanti che chiedono l’elemosina con bambini presi “in affitto” per impietosire i passanti.
In quelle baracche sulla spiaggia, fornite solo di un fornelletto a cherosene, nel quale cuociono riso e fagioli, gli abitanti vivono un’esistenza meschina. Persone che muoiono, portate via dalla corrente, mentre sono impegnate a raccogliere granchietti da mangiare con il riso.
“È una casa povera, forse non le piaceranno.
A casa del povero i fagioli sono buoni.”
A fare da contraltare alla povertà dilagante, Rubem Fonseca ci presenta le ville lussuose dei mecenati che ospitano Morel. Come quella dell’editore Megalhães, tappezzata di raso, specchi e statue.
Oppure la bellissima dimora di Elisa Gonçalves:
“Cancello di ferro. Dentro, una guardia in uniforme, armata (…) il cancello si è aperto. Sono entrato. Lontano, la casa illuminata. Ho camminato attraverso un prato e un giardino, vivacizzati da faretti nascosti nel fogliame.”
La villa di Elisa abbonda di tovaglie di lino, bicchieri di cristallo e caviale a volontà.
Le abitazioni, sfarzose o modeste, sono i luoghi simbolo del romanzo, dove avvengono i dialoghi, gli incontri intimi, dove si dipinge e si legge. Si parla di arte e di astrologia nelle case dei personaggi facoltosi, fino ad arrivare sempre alla depravazione.
E perché non pensare di ospitare in casa diverse donne, belle e compiacenti, ognuna dedita ad una mansione? Questa è l’idea di Morel: vivere tutti insieme, lui e alcune ragazze, non come una famiglia, ma come un harem.
Come riesce il protagonista a convincere le favorite?
“Fai come se ti prendessi una vacanza. È un esperimento interessante. Parleremo diffusamente di arte, del mondo, della gente (…) come se fossimo una famiglia (…) ma una famiglia di tipo diverso, che non esiste ancora, i cui membri siano tutti liberi, i cui legami siano non di protezione ma di amore” – Il caso Morel
Nel romanzo si trovano, all’interno di uno stesso capitolo, continui salti temporali e cambi di ambientazione.
Dal carcere, nel quale Paul è rinchiuso e dal quale racconta le sue vicende, si passa all’ospedale dove è ricoverato il padre morente o ad una lussuosa villa dove si tengono feste dissolute. Fino alla spiaggia, altro luogo fondamentale, essendo la scena del delitto.
“Il luogo è situato a 200 (duecento) metri dalla strada, in zona desertica frequentata solo nei fine settimana.”
Per sapere cosa è accaduto, chi è la vittima e perché il protagonista racconta le vicende dal carcere, vi consiglio di leggere “Il caso Morel”.
Mi chiamo Alessia. Sono un’insegnante di matematica e inglese. Vivo in provincia di Pavia. Adoro leggere (soprattutto gialli), fare yoga e cucinare.