
Thriller
Fazi Editore
4 novembre 2021
cartaceo, ebook
500
Nel 2008, in un piccolo paese di montagna, il tenente Gabriel Moscato è alla disperata ricerca della figlia, diciassettenne piena di vita scomparsa da un mese. Uniche tracce la sua bicicletta, i segni di una frenata e poi più nulla.
Deciso a indagare sull’hotel due stelle dove la ragazza aveva lavorato l’estate precedente, Moscato si stabilisce nella stanza 29, al secondo piano, per esaminare il registro degli ospiti. Legge attentamente ogni pagina, prima di addormentarsi, esausto dopo settimane di ricerche infruttuose. All’improvviso, viene svegliato da alcuni suoni attutiti. Quando si avvicina alla finestra, si rende conto che piovono uccelli morti.
E ora è nella stanza 7, al pianoterra dell’hotel. Si guarda allo specchio e non si riconosce; si reca alla reception, dove apprende che è il 2020 e che sono dodici anni che sua figlia è scomparsa: la memoria gli ha giocato uno scherzo crudele. Quello stesso giorno il corpo di una giovane donna viene trovato sulla riva del fiume Arve...
“Da qualche parte, qualcuno sa qualcosa.”
“Un mostro della foresta un giorno gli aveva strappato la figlia. Una bestia furiosa ed invisibile, rannicchiata tra le nebbie buie di Sargas, che aveva lasciato una scia di disperazione, collera e incomprensione”
Se nel bosco delle fiabe tutto accade sempre e solo una volta, nelle foreste dell’Alta Savoia, ai piedi delle montagne che circondano il paese di Sagas, per il protagonista del romanzo di Franck Thilliez “C’era due volte”, Gabriel Moncado, ex gendarme e padre di Julie, scomparsa misteriosamente un pomeriggio di marzo del 2008, il dolore come genitore, nonché la difficoltà di procedere nelle indagini come inquirente, tornano due volte. La prima nell’anno della scomparsa della figlia; l’altra dodici anni dopo, quando si sveglia in una stanza d’hotel con un vuoto di memoria che ha inghiottito e cancellato gli eventi della sua vita dopo la tragedia. Un uomo che si presenta come un moderno, scellerato, distrutto Sisifo. Costretto a ritornare una volta ancora sui suoi passi ma che, con infinita tenacia, risale la china, ripercorre i passi delle sue indagini, raggiungendo gli inferi dell’orrore di quanto accaduto dodici anni prima.
Senza svelare nulla di questo thriller dalle tinte molto forti, orchestrato magistralmente da Franck Thilliez, dove ogni singolo elemento si salda in una catena di indizi che conducono alla terribile soluzione finale, ci limitiamo ad analizzare la valenza che l’ambientazione ha nella narrazione delle vicende. Un’ambientazione che, forse più che in altre storie del genere, ha una propria profonda ragione d’essere e che, quindi, partecipa pienamente allo svolgersi dei fatti.
Caratteristica di questa storia, come suggerito dal titolo, è principalmente la duplicità. Non viene mai evidenziata, infatti, solo una dimensione degli elementi del romanzo, si tratti dei personaggi o dei luoghi dove agiscono; bensì emerge in essi un lato più nascosto e, quindi, più oscuro.
A questa “doppia faccia” non si sottrae la cittadina dove Julie ha vissuto e da dove è scomparsa misteriosamente. Circondata dalla natura che se illuminata dal sole è di una bellezza straordinaria, con i boschi di alti abeti e larici, le vette bianche e grigie delle Alpi della Savoia, i laghi di alta montagna e il gorgheggiare delle acque del fiume, Sargas presenta un aspetto meno rassicurante; quello di un borgo di tredicimila abitanti “incastrato tra le montagne a colpi di piccone”, i cui principali luoghi di lavoro sono una prigione, un ospedale, un tribunale distrettuale e una gendarmeria.
Ciò che più caratterizza il borgo è il fatto che il sole può sparire per settimane intere. L’assenza di luminosità che gli abitanti chiamano “la morte nera”, è una mancanza di luce che mina il morale e fa aumentare drasticamente il tasso di suicidi nella valle. Una mancanza di luce che il lettore percepisce soprattutto quando ad agire è il protagonista, un uomo che si porta nell’animo il buio provocato dallo smarrimento e dal dolore.
“Sagas, papà, non Lione, non Chamonix, nemmeno Cluses. Ma Sagas. Sagas e i carcerati, le fabbriche, i depressi. Sagas e la sua maledetta morte nera che ci obbliga a prendere le fiale di vitamina se non vogliamo finire in sedai a rotelle per l’osteoporosi” – C’era due volte di Franck Thilliez
La cittadina silenziosa Sagas, centro della morte nera con i suoi toni cupi e le atmosfere oscure, sembra risucchiare il tempo e rigettare l’ex-gendarme nell’angoscia della sua disperata ricerca della figlia scomparsa.
Una città che a mezzanotte è come “un villaggio sperduto della Siberia” e dove, a tre chilometri di distanza nel punto in cui la Valle dell’Arve si restringe in un imbuto di roccia, si trova il luogo da cui origina l’intera vicenda, l’Hotel de la Falaise.
Un albergo avvolto in un’atmosfera cupa e decadente; un edificio chiuso da un lato da una parete di calcare alta centodieci metri, dove non batte mai il sole. Un hotel antiquato dove regna un freddo costante, con la moquette ruvida color castagna e dalle brutte suppellettili; e che cela a Gabriel non pochi segreti. Julie, infatti, vi aveva lavorato nelle due estati precedenti la sua scomparsa; non a caso, è proprio in una camera di questo albergo che Gabriel si sveglia senza più memoria di quanto accaduto nei dodici anni precedenti, costringendosi così a riavviare, una volta ancora, le indagini per ritrovare la figlia.
Tra cieli plumbei e fitte nebbie, anche il paesaggio naturale di boschi e montagne appare ostile e selvaggio; un ambiente sinistro, che sembra preparare il lettore allo sgomento e all’orrore che arriverà con la conclusione delle indagini.
Un luogo dove anche le tracce della presenza umana sono sempre decadenti. Gli edifici, come la vecchia centrale elettrica del Lac Miroir, dove Gabriel scoprirà elementi importanti per la ricerca della verità, sembra agonizzare, un luogo abbandonato e dimenticato.
“Ceramiche colorate che non erano state distrutte o rubate decoravano i muri crepati. Poi passarono davanti alle stanze con le turbine, simili a lumache giganti, collegate a enormi dinamo. In un angolo si sentiva lo sgocciolare dell’acqua con una serie di ploc che facevano pensare al fondo di una grotta. L’edificio agonizzante respirava ancora” – C’era due volte di Franck Thilliez
Persino il lago, che deve il nome alla nitidezza con cui riflette le pareti del cerchio di granito che lo circonda, dà l’impressione, a chi avvicina, di cadere in un buco senza fondo scavato nella montagna. Luoghi dove la natura sembra tormentata forse perché nasconde i segreti (e quelli di Julie) e le inimmaginabili verità di uomini vittime dalle proprie ossessioni.
Non solo Sargas e i paesaggi che la circondano hanno un doppio aspetto che veicola significati ben precisi, bensì ogni singolo luogo che le indagini di Gabriel e del suo ex-collega e ex-amico Paul fanno rientrare nella geografia del romanzo.
Si tratta sempre di ambienti naturali che presentano un aspetto esterno “normale”, come ad esempio la casa dello scrittore sul mare o lo chalet del pittore nei boschi dei Carpazi; ma che, come i proprietari, nascondono, immancabilmente, al loro interno, le tessere di un mosaico dell’orrore che contribuiscono ad amplificare il dolore e quindi la forza della disperazione del protagonista per combattere l’Idra che essi rappresentano.