Le “ricchezze” dei Classici: perché restano immutate nel tempo?
Capita non di rado che, durante una chiacchierata tra amici, colleghi, parenti o persone conosciute da poco, quando si inizia a discorrere degli hobby, degli interessi, delle passioni e magari si arriva a parlare di letture, alla risposta “A me piace molto leggere i classici” si reagisca appellando (anche solo nella propria mente) l’interlocutore come un antiquato noioso che, evidentemente, non ha null’altro di piacevole da fare se non leggere libri del tempo che fu.
Non è criticabile chi vanta una tale opinione; ma si può certo dire che si manchi della sensibilità e forse della conoscenza di ciò che siamo. ‘Classico’ non è sinonimo di antico o di antiquato, né ne costituisce una rappresentazione. Basti pensare alla moda: il ‘classico’ tubino nero da donna è un must intramontabile, sempre adatto ad ogni occasione in cui si vuole dare sfoggio di eleganza e cura, anche con il minimo sforzo. E chi tra noi donne vi rinuncerebbe? Si, ‘classico’ può essere sinonimo di intramontabile: ma perché? E come un libro acquisisce una tale connotazione?
Un ‘classico’ della letteratura
sicuramente non nasce tale
Lo diventa per delle caratteristiche intrinseche che lo sopraelevano rispetto ad altre letture dello stesso o di altro genere. Questi aspetti possono riscontrarsi nei valori che la storia narrata rappresenta, nei personaggi che, in modo peculiare, rispecchiano appieno il nostro essere (nel passato, nel presente e nel futuro), nella sua capacità di comunicare direttamente con il lettore a prescindere dal tipo di narratore che l’autore inserisce nel racconto.
Un ‘classico’ è tale perché ha una identità che lo contraddistingue e permane invariata nel tempo. Nel parlare di ciò, non posso non pensare a colui che ha cercato di individuare delle regole per comprendere quando un libro è destinato a diventare un ‘classico’: Italo Calvino con “Perché leggere i classici”. Considero che sia efficace trascrivere per esteso e con lo stesso linguaggio usato dallo scrittore le 14 regole, per comprenderne appieno il significato e il significante:
- I Classici sono quei libri di cui si sente dire di solito “Sto rileggendo…” e mai “Sto leggendo…”.
- Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.
- I classici sono libri che esercitano un’influenza particolare sia quando s’impongono come indimenticabili, sia quando si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale.
- D’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima.
- D’un classico ogni prima lettura è in realtà una rilettura.
- Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.
- I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sè la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sè la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume).
- Un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sè, ma continuamente se li scrolla di dosso.
- I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti.
- Chiamasi classico un libro che si configura come equivalente dell’universo, al pari degli antichi talismani.
- Il ‘tuo’ classico è quello che non può esserti indifferente e che ti serve per definire te stesso in rapporto e magari in contrasto con lui.
- Un classico è un libro che viene prima di altri classici; ma chi ha letto prima gli altri e poi legge quello, riconosce subito il suo posto nella genealogia.
- È classico ciò che tende a relegare l’attualità al rango di rumore di fondo, ma nello stesso tempo di questo rumore di fondo non può fare a meno.
- È classico ciò che persiste come rumore di fondo anche là dove l’attualità più incompatibile fa da padrona.
Queste regole, tuttavia, non devono indurci in errore facendoci sostenere che ciò che è ‘classico’ sia antitetico rispetto a ciò che sia moderno o contemporaneo. La lettura di un ‘classico’ apre la mente e può consentire di ritrovare in altro che leggiamo quelle qualità intrinseche suscettibili di rendere quello stesso libro un ‘classico’ o, diversamente, di coglierne le sfumature che, seppur non ‘classicheggianti’, sono il frutto di un momento storico o di sentimenti, emozioni, interessi calati nel contesto di riferimento. E poi, non a caso, il ‘classico’ non esisterebbe se non vi fossero modelli che se ne distacchino, differenziandosene!
E da qui nasce l’idea della rubrica ‘Dasempre & Persempre: i Classici’, con cui dare voce ai nostri intramontabili, al fine di comprenderne l’essenza e la vicinanza ad ogni tempo.
‘Classico’ non è sinonimo neanche di italiano: la rubrica, infatti, avrà due iniziali filoni, che possiamo considerare macro-aree, ossia ‘i Classici della Letteratura italiana’ e ‘i Classici della Letteratura straniera’ (a cui saranno dedicate singole introduzioni all’argomento), dove si avvicenderanno articoli, commenti, recensioni, analisi, e − perché no − discussioni, anche proposte dal lettore.
Perché ciò che si legge va vissuto al di là dello spazio e del tempo…
Leggere mi stimola e mi riempie. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Prediligo i classici, i romanzi storici, quelli ambientati in altre epoche e culture. Spero di riuscire a condividere con voi almeno parte dell’impatto che ha su di me tutto questo magico universo.